È giovedì 19 settembre quando sul palco del Ridotto del Teatro Verdi, per tenere l’incontro intitolato “E come il vento. L’infinito, lo strano bacio del poeta al mondo”, si presenta il poeta Davide Rondoni, del quale è già chiaro il vivo interesse nei confronti delle opere di Giacomo Leopardi dal momento che è anche organizzatore degli eventi che, in tutta Italia, celebrano il duecentenario della composizione più celebre del poeta ottocentesco.

Rondoni esordisce ricordando al pubblico che Leopardi “non era che un ragazzo di appena vent’anni, appena più grande degli studenti che vedo qui ora” quando iniziò a comporre ciò che si trattava di poco più che appunti in prosa che solo dopo molto lavoro sono potuti mutare in versi, come avviene per ogni poeta. “La poesia non è semplice scrittura,” ci tiene a precisare, “sono parole intrecciate da un legame musicale”: questa capacità artistica si origina quando ci si avvicina a ciò che è importante e si perde la capacità di esprimersi normalmente, utilizzando naturalmente un vero e proprio linguaggio poetico.
Parlando di Leopardi, riteniamo inevitabile fare riferimento alla sua vita ma ciò che ha più volte voluto sottolineare Rondoni è proprio legato al fatto che si deve mettere a fuoco la propria vita quando si è di fronte ad un testo lirico, e non cercarvi obbligatoriamente tracce della biografia dell’artista, perchè “capire una poesia significa entrarci in rapporto per tutta la vita”. In questo modo, si riflette sul fatto che in natura nulla è infinito e che la fine di ciò a cui tieni crea dispiacere. Risulta quindi automatico collegarsi allo stereotipo del “Leopardi pessimista” quando invece si dovrebbe considerarlo “realista” perchè lui, come i contemporanei Baudelaire e Dostoevskij, non si illudeva delle promesse del proprio secolo, ma è riuscito a rendersi conto che il mondo, per quanto sia migliorabile, non raggiungerà mai la perfezione del paradiso.
Com’è possibile percepire l’infinito, qualcosa che esiste ma non riusciamo a definire? Rondoni spiega che la ricerca di Leopardi nasce dalla presenza dei limiti concreti della siepe e del colle e che riesce a definire l’infinito associandovi i segni che avverte attraverso i sensi, come il vento: questo atto di “comparare” è l’azione centrale della poesia, è l’unico atto conoscitivo che permette di raggiungere l’eterno inteso come unione di passato, presente e futuro.
È interessante notare come lo scrittore invitato per tenere l’incontro abbia collegato la poesia del Leopardi all’identità dell’uomo, che può essere definito univocamente come l’unico ad essere in grado di confrontarsi con l’infinito.

Con l’attenzione rivolta l’attualità, conclude l’incontro analizzando con occhio critico quanto, oggi, l’atto del singolo sia confuso con la sua identità, mentre è necessario che ci sia uno spazio “infinito” tra ciò che siamo e ciò che facciamo.

 

Alice Donno e Marika Di Pietro

Liceo Grigoletti di Pordenone