E’ venerdì 4 ottobre e l’ex teatro Verdi riapre al pubblico, dopo numerosi anni di inattività, con l’evento Guerra alla parità. Parità e non uguaglianza, perché, nonostante le diversità, siamo tutti esseri umani e in quanto tali rivendichiamo gli stessi diritti. L’incontro si è aperto con un intervento comico satirico della compagnia “U.G.O comicità letteraria” che in modo leggero ha fatto pensare a quanto la parola “femminista” sia ricca di significato e sfumature, e che spesso in ambito politico venga usata incoscientemente.

La rivista “InGenere”, rappresentata dall’economista Marcella Corsi, ha invitato Agnieska Graff, scrittrice e attivista polacca portavoce delle donne e della situazione in Polonia. Insieme all’Italia e a molti altri Paesi, la Polonia è uno stato patriarcale e clericale ed è campione della politica anti-genere. Stanno nascendo, infatti, movimenti antifemministi attraenti e rassicuranti per molti giovani maschi che vedono nelle ideologie femministe una minaccia e identificano la propria immagine di ordine nella famiglia tradizionale. Negli ultimi anni questi movimenti hanno cominciato a confrontarsi anche a livello internazionale, trasformando la parola genere in un tremendo pericolo per la civiltà. Se pochi anni fa la parola genere in Polonia nemmeno esisteva, ora risulta essere quella più cercata su Google.

Misoginia? Conservatorismo sociale estremo? Indipendentemente da come vengono definiti si tratta sempre di violenza. Una delle idee che si sta diffondendo, soprattutto attraverso i social media, è che la vita delle donne sia stata distrutta dal femminismo che le ha portate ad emanciparsi sempre di più: il lavoro acquisisce sempre maggiore centralità nelle loro vite tanto da portarle a trascurare la famiglia. Gli stessi governi hanno proposto nuovi disegni di legge: in Polonia ne è stato presentato uno che limitava del tutto la possibilità di abortire. In risposta 200.000 donne sono scese nelle strade a protestare nel così detto “lunedì nero”, che a causa del maltempo  è stato poi definito il “movimento degli ombrelli”.

Secondo Agnieska, però, qualcosa sta cambiando. Nonostante la grande ondata di avversione alla democrazia liberale, i movimenti femministi non sono più formati solo da donne istruite e benestanti, ma la protesta ora parte anche dal basso e da numerosi uomini.

La lotta non è ancora finita, ma il cambiamento è possibile.

Agnese Cavazzini, Liceo Ariosto

Letizia Capezzuto, Liceo Alfieri