Il panorama attuale del mondo del lavoro giovanile è un mare burrascoso, pieno di difficoltà, incertezze ed ostacoli. Fabrizio Barca (Forum disuguaglianze diversità), Massimiliano Mascherini (Eurofound) e Marisa Parmigiani (Fondazione Unipolis) sono stati una bussola nella tempesta sabato 5 ottobre a Internazionale, offrendo un’importante chiave di lettura per orientarci in questo mare in cui il “naufragar” non è affatto “dolce”.

Ad oggi, infatti, il mercato internazionale sta facendo fronte ad una crisi economica paragonabile a quella degli anni ’80 subita dalla Baby Boom Generation, ma dagli effetti anche peggiori visto che, dal suo inizio nel 2009, ha raggiunto nel 2013 il vertiginoso picco di 14 milioni di NEET (young people Neither in Employment nor in Education or Training). Due degli aspetti che, dunque, differenziano questa crisi dalle precedenti sono i nuovi numeri e le nuove caratteristiche della disoccupazione giovanile, che in Italia, il “paese dei NEET” ha raggiunto il 40%. Il giovane disoccupato italiano ha infatti caratteri ben diversi da quello europeo: la sua disoccupazione è a lungo termine e provoca in lui uno scoraggiamento tale da rendere altissimo il rischio di esclusione sociale e dal mondo del lavoro e di sfiducia verso le istituzioni. Il fattore scatenante di questo processo di alienazione è in primo luogo il cambiamento delle dinamiche di ingresso nel mondo del lavoro, influenzate dall’incapacità di collegare scuola e lavoro, che ad oggi si riassumono il più delle volte nella forma dello “stage”. Purtroppo i dati parlano chiaro: solo il 33% degli stagisti viene assunto, e questa depauperazione della conoscenza è la strada maestra verso il circolo maligno e vizioso del precariato e dei contratti pirata. Tutto ciò non fa che diffondere un sentimento di paura rispetto alla dimensione lavorativa da parte dei giovani, mettendo in luce il grave problema della mancanza di autostima e della dis-percezione del sé, accentuato certo dalla mancata valorizzazione delle competenze. Competenze che, come è stato sottolineato dai relatori, devono essere sia orizzontali, ovvero generali, che verticali, ovvero specialistiche. Per facilitare l’attracco al porto sicuro del lavoro a tempo indeterminato, sono dunque necessari la formazione continua, il sostegno all’autoimprenditorialità, l’offerta di “good jobs” regolari e regolamentati e, soprattutto, la cooperazione tra generazioni, grazie alla quale le competenze generazionali specifiche possono diventare trasversali e applicabili in ogni contesto lavorativo.

Margherita Baldazzi