“Un tempo si diceva che Un altro mondo è possibile, ora bisognerà dire che è necessario.”
Con queste parole il direttore Nicola Lagioia cattura, allo stesso tempo, il significato implicito del titolo di questa extra-ordinaria edizione del Salone del Libro 2020 e il contenuto dell’incontro che seguirà la sua breve introduzione.
Ai microfoni di Radiotre, nella mattinata di venerdì 15 maggio, il conduttore Alessandro Melicchio dialoga con lo scrittore Amitav Ghosh, le cui parole sono tradotte da Claudia Durastanti, e una rappresentante del movimento Fridays For Future (FFF) Torino, Valentina Bonavoglia.
Amitav Ghosh è un giornalista e antropologo indiano molto attento al tema della sostenibilità ambientale e dell’ormai inarrestabile cambiamento climatico, oltre che uno scrittore del tutto fuori dalle righe, caratteristica subito accentuata dalla risposta che fornisce alla prima domanda di Alessandro Melicchio, circa il rapporto che uno scrittore ha con i propri lettori.
L’autore di La grande cecità e Isola di fucili afferma che per i primi vent’anni della propria carriera non ha avuto stretti contatti con il pubblico e che, per questi mesi di emergenza, i festival letterari annullati sicuramente non gli mancheranno; specifica anche che questa “novità”, che essi incarnano, è legata ad un’accelerazione avvenuta negli ultimi trent’anni, causa principale dell’intera crisi climatica che stiamo vivendo. Del resto, lo squilibrio ambientale non riguarda solamente l’aspetto climatico, bensì l’intero universo, toccando anche aspetti politici e sociali, come specificato da Margaret Atwood con la frase: It’s not climate change. It’s everything change.
Nell’ultimo anno, i maggiori esponenti della lotta contro i cambiamenti climatici sono stati i ragazzi del movimento Fridays For Future, rappresentati in questo incontro da Valentina Bonavoglia, la quale pone alcuni interrogativi ad Amitav Ghosh.
Citando il “pensiero identitario”, idea che porta ad una visione assolutamente individuale delle emergenze mondiali, la ragazza chiede come possa avvenire un “cambio di rotta”, alimentato dall’opera di artisti e degli scrittori, che conduca l’intera popolazione ad una maggiore consapevolezza nei confronti del mondo circostante. La cosa più importante, a parere di Ghosh, è far comprendere a tutti che i più colpiti non saranno solo ecosistemi lontani, specie animali diverse dalla nostra, o, tra noi uomini, solo i più poveri; “essere ricco e vivere in un paese ricco, non salverà nessuno dalle distruzioni dovute al cambiamento climatico”.
Lo scrittore racconta della sua infanzia e dello sradicamento della propria famiglia da un insediamento in Bangladesh, dovuto ad alluvioni incontrollabili. Sottolinea, così, come per gli abitanti di Paesi collocati a pochi metri sopra il livello del mare, una pioggia stagionale fuori dal comune può creare danni molto seri e avere come effetto la migrazione, di cui molti, soprattutto in Occidente, oggi si lamentano ignorandone le vere cause.
Ghosh racconta poi di un suo incontro avvenuto nel 2010, che l’ha segnato profondamente: ha avuto la possibilità di incontrare dei rifugiati e chiedere loro i motivi della migrazione. Dalle loro risposte emergeva che i fenomeni atmosferici erano una delle cause, ma non l’unica. Ciò ha portato l’autore a riflettere su come la crisi mondiale non riguardi soltanto il riscaldamento globale, ma un insieme di fattori che negli ultimi anni si stanno alterando, portando a conseguenze disastrose, tra le quali figura anche la pandemia che stiamo vivendo oggi. Il virus che sta investendo il nostro pianeta, infatti, è dovuto a quella stessa accelerazione, del sistema produttivo e degli eventi sociali, di cui si è trattato inizialmente. Essa porta gli uomini ad effettuare maltrattamenti sugli animali e sull’ambiente, i quali favoriscono lo “spill over”; inoltre, facilita l’aumento dei contatti umani, che ha come diretta conseguenza una propagazione più veloce del virus.
Amitav Ghosh aggiunge anche che quello che stiamo vivendo è un periodo in cui siamo costretti “ad essere individualisti”, a causa della quarantena. Esso sarebbe, tuttavia, anche il periodo con maggiore necessità di valori sociali e collettivi, di unificazione, per riflettere attentamente insieme su cosa sta accadendo, per trovare soluzioni alle problematiche attuali e modi per evitare che esse si ripresentino in futuro. Sarà fondamentale, finito il lockdown mondiale, trovare delle soluzioni concrete, altrimenti bisognerà abituarsi all’avvento di nuovi virus sempre più di frequente.
Per l’autore, e per chi scrive, è una spiacevole coincidenza, quella che la pandemia si sia diffusa in un periodo così florido per i movimenti ambientalisti come Fridays for Future, poiché difficilmente dopo la crisi sanitaria si potrà scendere di nuovo nelle piazze secondo le modalità che ricordiamo, per partecipare agli scioperi per il clima.
Oggi più che mai occorre mantenere salda l’attenzione sulla crisi climatica, e continuare a sensibilizzare la popolazione a tal riguardo, pur rimanendo separati gli uni dagli altri. Nonostante tutte le difficoltà che stiamo incontrando, le perdite che stiamo subendo, le ansie e le paure, non dimentichiamoci mai di rispettare la Terra, la nostra unica casa, perchè “There isn’t a plan(et) B!”.
Sara Bonora, Lucia Di Foggia, Liceo Ariosto, Ferrara
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