Puntare sulla cultura per uscire dalla crisi: questa è per Gino Marchitelli la soluzione.
Nell’attuale periodo di difficoltà economica che sta portando il Paese ad un crollo verticale e che mette in luce, ora più che mai, la fragilità di un sistema con le spalle al muro, rilanciare le arti è la chiave.
La musica, il cinema, il teatro, ma soprattutto – dice Marchitelli – la letteratura costruiscono momenti di emancipazione che possono risollevare una coscienza collettiva schiacciata dal peso di quell’“elemento invisibile” che è la pandemia.
In quest’ottica Marchitelli dà voce ad una realtà che tuttora resta invisibile, quella dei luoghi organizzati di detenzione, di cui racconta nel suo ultimo libro Campi fascisti. Una vergogna italiana, presentato la mattina di sabato 16 maggio. L’autore lascia a una decina di testimonianze sconosciute il compito di raccontare la storia dolorosa della repressione fascista durante il Ventennio. Il libro rivela una realtà scomoda: dei novecentoquattro campi, solo a centottanta viene dato il giusto risalto.
In un’Italia che non ha mai fatto davvero i conti con la dittatura, la cultura può essere l’unica via per confrontarsi con un passato così pesante.
Maria Guandalini e Martina Piscitelli, Liceo Ariosto, Ferrara
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