Ezio Mauro è intervenuto sabato 16 all’edizione virtuale del Salone del Libro 2020 proponendoci una riflessione basata in parte sulla sua ultima pubblicazione Liberi dal male. Un’analisi sugli effetti che il virus ha avuto su noi stessi e sulla società tutta, come un’infezione propagatasi dagli organismi viventi anche al sistema sociale, politico ed economico.
Un secondo contagio, silenzioso e concettuale di cui il virus è attore e non solo veicolo. Il virus ha infatti profondamente modificato il rapporto tra i cittadini e lo stato, la democrazia stessa: ha compresso le libertà e i diritti di tutti, ha sovvertito il nostro modo di lavorare, di spostarci, di vivere. Nel cedere al potere centrale quote di libertà in cambio di quote di sicurezza, abbiamo compreso come il concetto stesso di libertà sia intrinsecamente plurale, basato sull’autonomia, l’indipendenza, la possibilità di scegliere e la mancanza di vincoli.
La minaccia dell’infinitamente piccolo, di un organismo microscopico, invisibile ad occhio nudo è stata in grado di penetrare il cuore del nostro sistema. Ha messo in crisi gli stessi criteri di razionalità scientifica della modernità, ponendo l’umanità di fronte all’incognito e ignoto. Contro il virus, il potere minacciato ha innalzato forme culturali molto simili a quelle della xenofobia per caratterizzare l’alterità, l’alieno nonostante risultasse evidente che il vero portatore di squilibrio fosse l’uomo e non il virus.
La nostra percezione dell’anzianità è cambiata radicalmente, rompendo il patto generazionale su cui si fonda la convivenza sociale. “Mentre il mondo si metteva la maschera, gli anziani se la toglievano”. Come un rifiuto dell’esperienza e della contemporaneità del passato, il virus ha riproporzionato il diritto di vivere, arrivando a dosarlo sulla base dell’aspettativa di vita. Ha riscritto la liturgia della morte rendendola un puro fatto biologico, individuale e non più sociale, una mera scomparsa, un’assenza. La natura si è riappropriata del concetto di destino.
Allo stesso modo, il lavoro durante la pandemia è diventato il lavoro degli altri, quello che osserviamo esclusivamente dalla prospettiva di fruitori e di consumatori; il lavoro che svolge solo qualcuno – i medici, gli operai, gli addetti ai supermercati – e che solitamente vediamo come naturale, dovuto, oggi diventa un atto di generosità, l’unica vera barriera che può contrastare il male.
Il virus, quindi, ha aumentato le disuguaglianze e gli squilibri creando un’emergenza senza precedenti durante la quale ci siamo rivolti ad un potere a cui collettivamente abbiamo chiesto risposte e decisioni. Un potere che, attraverso questo processo popolare, abbiamo investito di anomale prerogative: un’eccezione per un governo democratico, ma una potenziale occasione per un leader autocratico. Per questo, smentendo chi ha affermato che la democrazia fosse incapace di governare l’emergenza, Ezio Mauro ha invece sottolineato come solo essa sia in grado di acquisire poteri straordinari per il tempo limitato dell’emergenza e poi restituirli. Perché “la democrazia è l’unico sistema politico in grado di compiere un viaggio di andata e ritorno dall’inferno. La democrazia è il vero vaccino”.
Margherita Baldazzi, Esther Dall’Olio, Martina Piscitelli, Liceo Ariosto, Ferrara
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