L’atto di ricordare, non lasciar andare i propri ricordi, è un atto faticoso, innaturale, ma anche necessario. Questa resilienza è paragonabile agli olandesi, che con costanza e dedizione strappano via dal mare una zolla alla volta, in un atto che è certamente contro natura, ma permette loro la sopravvivenza.
Ricordare è doloroso, ma anche indispensabile, poiché l’unico modo per poter immaginare il futuro è conoscere il passato.
E se c’è qualcuno che con la memoria, con le storie, ha un’esperienza profonda, quello è certamente Mario Calabresi, che ci ha parlato di “Memoria e Oblio”, durante il pomeriggio del 5 dicembre per il Salone del libro “Vita Nova”.
Mario Calabresi nasce a Milano nel 1970, è un giornalista e, come dice lui stesso, lo è sempre stato: la passione per le piccole e grandi storie lo ha sempre accompagnato.
Figura di particolare rilevanza, che nei primi anni della sua vita contribuisce alla sua inclinazione nel salvare vicende passate dall’oblio, è nonna Maria.
Proprio lei, infatti, gli insegna l’importanza del ricordo.
Anche nei suoi ultimi anni, racconta Calabresi, nonna Maria continuava quotidianamente a «coltivare la memoria», ripercorrendo ad occhi chiusi la sua vita. La nonna, ha insegnato a Calabresi a fare memoria con la M maiuscola, non nostalgica e sterile, ma intesa come carburante ed energia per camminare sicuri nel futuro.
In parallelo a questo interesse, anche la passione per la politica si manifesta senza farsi attendere.
Fin dalle scuole medie, infatti, Calabresi ha l’abitudine di ritagliare e conservare ogni articolo sulle elezioni presidenziali americane che trova.
Da quel momento inizia a coltivare il sogno di seguirne una in prima persona. Sogno che poi realizzerà all’età di 38 anni, seguendo Barack Obama per l’America.
Nel periodo universitario, gli viene concessa la possibilità di scrivere per alcune riviste, tra cui il quotidiano La voce, prima ancora di entrare a far parte dell’Ordine nazionale dei Giornalisti.
Ma è poco dopo, nel 1995, quando sta per terminare gli ultimi esami per conseguire la laurea in Storia, che riesce ad accedere all’Istituto per la Formazione al Giornalismo Carlo De Martino, uno fra i 40 ammessi, rispetto ai 2000 partecipanti.
E’ questa esperienza che gli permette di veder decollare la sua carriera: un anno prima di aver ricevuto la licenza da giornalista, nel 1996, inizia a lavorare come redattore per l’Ansa, e vi rimane per quattro anni.
In seguito, ha inizio, una lunga avventura con La Stampa e La Repubblica e si distingue nel suo lavoro tanto da diventare direttore di entrambe, prima de La Stampa tra il 2009 e il 2015 e poi de La Repubblica tra il 2016 e il 2019.
Nonostante il grande impegno che richiede il lavoro da giornalista, la sua passione per le storie lo porta a scrivere anche diversi libri per Mondadori.
L’intento di Calabresi non è solo quello di riportare alla memoria avvenimenti dimenticati, ma anche quello di aiutare nel concreto vittime indirettamente coinvolte in queste vicende cadute nell’oblio.
Dimenticare è la cosa peggiore che ci possa accadere, spiega Mario Calabresi citando Luis Buñuel, “Bisogna incominciare a perdere la memoria, anche solo a pezzi e bocconi, per rendersi conto che è proprio questa memoria a fare la nostra vita. Una vita senza memoria non sarebbe una vita, così come un’intelligenza senza possibilità di esprimersi non sarebbe un’intelligenza”, poiché è proprio questo che comporta dimenticare, perdere pezzi della nostra vita, e quindi morire.
Chiara Marchesin, Liceo Ariosto
Sofia Lusitano, Liceo Alfieri
Elide Santangelo, Liceo Alfieri
Vladyslav Compagnucci, Liceo Ariosto
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