Gli effetti del ciclone Trump e la sfida del neo presidente Joe Biden. Questi sono i temi attorno a cui si è discusso durante l’incontro di sabato 20 febbraio, in occasione del salone ferrarese di Internazionale, a cui hanno partecipato il giornalista del New York Times Steven Erlanger, il politologo Ivan Krastev, il capo della rappresentanza in Italia della Commissione Europea Antonio Parenti e la giornalista del New Statesman Emily Tamkin.

Degli ultimi quattro anni di presidenza, l’ambito che ha maggiormente risentito delle decisioni di Trump è stato quello della politica estera. Gli accordi sul nucleare con l’Iran, l’uscita dagli accordi sul clima di Parigi, l’introduzione di sanzioni commerciali e l’inizio di una guerra economica con l’Europa hanno portato alle estreme conseguenze una crisi già precedentemente in atto. Ma con l’elezione di Joe Biden molti paesi europei auspicano ad un nuovo inizio e al restauro dei rapporti con gli Stati Uniti, dal secondo dopoguerra uno dei principali partner dell’Europa. 

 

Tre sono le aree di cooperazione certa che impegneranno le due potenze: l’ambiente, l’organizzazione mondiale dei commerci e la tassazione digitale. Non si può invece considerare sicura l’alleanza tra l’Europa e gli Stati Uniti per contrastare l’unico fronte costituito da Russia e Cina dal momento che il vecchio continente è ormai coinvolto nelle dinamiche commerciali che intercorrono con questi due paesi. 

 

“America is back” questa l’affermazione con cui Biden ha iniziato il suo discorso, l’Europa si dice tuttavia prudente perché un ritorno alla precedente relazione con gli Stati Uniti porterebbe ad uno sconvolgimento dei legami con la Cina, consolidati dall’elezione di Trump. Al tempo stesso rischia di insorgere una forte preoccupazione a causa della connessione tra la Germania e la Russia dovuta alla costruzione del gasdotto Nord Stream 2. Nonostante l’America abbia trovato dei modi per aggirare il problema, permane la paura per il periodo in cui la cancelliera tedesca Angela Merkel lascerà il posto da leader e per gli inevitabili rapporti che continueranno ad esserci tra la Russia e l’Europa dettati da ragioni geografiche oltre che economiche.

 

Inoltre, al suo interno l’Europa non sembra unanime a causa dei paesi che avevano trovato un appoggio nell’ideologia di Trump, quali l’Ungheria e la Polonia. Rispetto a questi non è ancora chiaro il modo in cui Biden agirà perché è costretto a tener conto della possibilità che ogni leader operi secondo la sua ideologia politica. Scenario diverso è quello del Regno Unito con cui l’America vanta un legame così solido da non dubitare della sua durata nel tempo.

 

L’Europa diventa dunque l’ago della bilancia per i futuri equilibri mondiali ed è chiamata ad una sfida importante: far conciliare i suoi rapporti quasi trentennali con gli Stati Uniti con quelli più recenti con la Russia e la Cina. 

Alessia Ferraris, Caterina Gili – Liceo Alfieri, Torino.