Come ripartire dopo la pandemia sfruttando l’arte e la cultura come carburanti? 

Questa è la domanda a cui si è cercata una risposta domenica 21 febbraio al Festival di Internazionale nell’incontro dal titolo Ripartire dalla cultura coordinato da Daniele Cassandro. L’evento ha visto come protagonisti Paola Dubini, docente dell’Università Bocconi di Milano, Christian Greco, direttore del Museo egizio di Torino, Florinda Saieva, imprenditrice del Farm Cultural Park di Favara e l’artista e architetto argentino Tomás Saraceno.

Con l’avvento del Covid, il rubinetto della cultura sembra essersi chiuso bruscamente per la mancanza di turisti provenienti soprattutto dall’estero. Uno degli spunti di riflessione usciti da questa conversazione è proprio quello della necessità di cambiare punto di vista verso la cultura e i luoghi in cui viene trasmessa e condivisa.

La cultura e l’arte devono fungere da input per ripensare a noi come persone e come esseri umani, ma soprattutto come abitanti, e non padroni, del pianeta Terra.

In particolare- spiega Christian Greco- i musei devono diventare centri di ricerca in continuo dialogo con le scuole e le università dando opportunità di apprendimento, di formazione e di innovazione a tutti, non solo agli studenti in gita scolastica.

Un altro tema posto al centro del dibattito è stato riflettere sul ruolo chiave che l’arte e la cultura giocano nello sviluppo sostenibile. Thomás Saraceno, con le sue opere, mira sempre a provocare gli spettatori e a innescare in loro riflessioni per niente scontate con l’obiettivo di insegnare a convivere non solo tra esseri umani, ma anche con tutte le altre specie che abitano insieme sul nostro pianeta. Un esempio perfetto per spiegare questo concetto è il suo lavoro fatto con i ragni, artisti anch’essi a loro modo nella creazione delle ragnatele.

L’artista suggerisce un cambiamento nel nostro modo di vedere le cose che ci circondano. Dovremmo imparare ad instaurare delle relazioni sinantropiche con le altre specie per vivere in sintonia.

Parlando di rispetto dell’ambiente e di legame con i luoghi che ci ospitano, Florinda Saieva ha spiegato che arte e cultura possono essere usate come “chiave di volta” nel rapporto tra abitanti e territorio anche nelle realtà più piccole come quella di Favara, in Sicilia. L’imprenditrice, con il suo parco turistico culturale Farm Cultural Park, è riuscita a ridare vita a una zona che aveva perso la sua vivacità. 

La cultura si deve sviluppare in funzione dei luoghi, non solo dei turisti, e si deve prendere cura delle persone che vivono in realtà più piccole rispetto alle grandi metropoli.  

Il cambiamento è possibile e l’arte e il sapere devono essere dei mezzi da utilizzare affinché ciò avvenga. 

Lo dice anche Paola Dubini, docente universitaria che si è ritrovata da un giorno all’altro a dover fare lezione a distanza  dopo anni e anni di esperienza in aula.

“Faremo tanti errori, ma siamo qua per imparare. Non è stato facile – ammette – ma come il virus muta – dice scherzosamente – anche noi dobbiamo farlo adattandoci alla nuova realtà che ci circonda. I social e le piattaforme online ci hanno sicuramente messi in difficoltà agli inizi ma allo stesso tempo ci hanno dato anche grandi opportunità”.

Ma allora cosa significa ripartire con la cultura? Significa cambiare prospettiva, ricostruire relazioni che in questo anno si sono andate perdendo. Bisogna ricostruire l’antica relazione esistente tra cultura e istruzione e in particolare puntare l’ago del compasso sulle scuole per calcolare “la città dei quindici minuti”. Reinventare uno spazio pubblico digitale utilizzando la cultura e contenendo la costruzione di altri mercati. Il digitale e le nuove tecnologie vanno sfruttate, ma non possono sostituire il mondo reale fatto di odori, emozioni e sensazioni. Così dobbiamo ricostruire un nuovo Stato dimenticandoci quello di prima, che è una cosa illusoria che non tornerà. 

 

Cristian Piazza, Matilde Gaspardo – Liceo M.Grigoletti, Pordenone

Chiara Flori – Liceo L.Ariosto, Ferrara