Sempre bellissimo, ricchissimo e puntualissimo il racconto di Andrea Tarabbia della sua esperienza Adotta di scrittore, quest’anno adottato dal Liceo Einstein di Torino. Anche per questo è stato un onore adottarlo per il secondo anno consecutivo. Buona lettura e grazie ancora a Tarabbia!

Ripeto sempre, come fosse un mantra o una formula magica, che una delle cose migliori che mi sia capitata da quando sono un autore edito è che i miei libri mi hanno permesso di tornare a scuola. Nella scuola dove sono “tornato” quest’anno, il liceo Einstein di Torino, ho conosciuto una classe molto vivace e varia: c’è un gruppo di ragazze che ama i libri – e sono sicuro che qualcuna di loro ha già qualcosa nel cassetto; ci sono un ragazzo e una ragazza della Romania che parlano benissimo l’italiano e sono, mi sembra, particolarmente sensibili alla letteratura; ci sono quelli timidi che ti danno del lei anche dopo tre incontri; ci sono quelli – ed è normale e giusto – che non hanno confidenza con i libri e non sembrano interessati, ma che si accendono quando si riesce a pescare – nel mare di riferimenti che uno tenta di fare – qualcosa che per qualche motivo fa nascere in loro un ricordo, un’associazione: allora si entusiasmano, partecipano, tirano fuori delle idee.

A me piace raccontare ai ragazzi che cos’è il mondo dei libri: a volte mi rendo conto che, per molti di loro, i libri e tutto ciò che in qualche modo c’entra con la letteratura sono qualcosa di sconosciuto, percepito come lontano. Studiano Dante, Petrarca, Machiavelli, e pensano che uno scrittore sia una statua in una piazza, qualcuno che fa scendere le parole dall’alto. Così mi piace mostrarmi per quello che sono, una persona normale che fa una vita normale e che, ogni tanto, accende il computer e scrive una storia. Non c’è nulla di sacrale nell’essere scrittori, e proprio per questo di solito dedico il primo dei tre incontri a raccontare la fatica che si fa a fare un libro, e dico quanto guadagno, cosa faccio per vivere. Generalmente, ai ragazzi interessano molto gli aspetti pratici ed economici della vita di uno scrittore: credo che il motivo di questo interesse risieda nel fatto che, appunto, l’idea di letteratura che mutuano dai libri di scuola è piuttosto romantica e naïf – qualcosa del tipo “lo scrittore, ispirato da Dio, scrive il suo libro, diventa famoso e apprezzato e vive di quello”.

Con i ragazzi del liceo Einstein, nel secondo e terzo incontro, ho cercato di parlare di cosa vuol dire raccontare una storia facendo spesso riferimenti al cinema – che è un’arte che è loro più vicina rispetto alla letteratura. Ho chiesto loro quali caratteristiche debba avere una storia per essere bella, e quali invece sono le cose che, secondo loro, rendono una narrazione brutta e poco interessante: per quasi tutti – i lettori forti e quelli che invece vivono lontani dai libri – una storia per funzionare deve avere un bel finale, della suspense, dei personaggi a cui ci si affeziona, del ritmo. Abbiamo ragionato insieme su queste cose. Ho letto loro brevi passi di Dostoevskij, Malaparte, Volponi, ho fatto sentire un breve racconto di Fenoglio. Nessuno di questi quattro autori aveva in senso stretto le caratteristiche che loro attribuivano a una bella storia: eppure, grazie alla lingua e, soprattutto, grazie al fatto che nelle loro storie si proponeva una visione laterale del mondo, questi libri sono dei capolavori. Abbiamo chiacchierato a proposito del valore simbolico delle storie (per esempio Pinocchio e Peter Pan) e spero di essere riuscito a raccontare che, a volte, l’importanza di un libro non sta nel semplice piacere che si prova nel leggerlo, ma nel fatto che costruisce un mondo e racconta la realtà da un punto di vista che prima non avevamo preso in considerazione. Nell’ultimo incontro, tra le altre cose, abbiamo commentato un libro che, su invito della professoressa Negro, avevo chiesto di leggere: Se consideri le colpe di Andrea Bajani. È un libro apparentemente semplice, ma quando ci siamo entrati per commentarlo ne abbiamo rilevato i lati simbolici, i temi, i rimandi nascosti tra i personaggi e la struttura, che è ciclica e perfetta. Sono rimaste in sospeso delle domande, ci sono dei dubbi su alcuni personaggi: se avranno coraggio – ma ormai hanno capito che uno scrittore non è un monumento! – alcuni ragazzi del liceo Einstein il 20 maggio chiederanno ad Andrea di spiegare alcuni passi. Così anche lui, che come me torna a scuola tutti gli anni, farà la sua gita al liceo Einstein.

Andrea Tarabbia