È conosciuto come Antoine Volodine, ma questo è uno dei tanti pseudonimi di una singolare personalità. Lo scrittore,di nazionalità francese ma di origini russe, ha tenuto la conferenza che è stata chiamata dall’intervistatore Ernesto Ferrero “un decalogo in nove parole”, rifacendosi scherzosamente al libro dello stesso Antoine Il post esotismo in dieci lezioni: lezione undicesima.

In realtà il decalogo si è trasformato piuttosto in un “pentalogo”( incentrato sulla spiegazione di 5 parole fondamentali nelle opere dell’autore: biografia, pseudonimi, fantascienza, morte e ripetizione) per questioni di tempo, ma si sa che alcuni scrittori si posso permettere certe licenze poetiche. Un’altra licenziosità che lo caratterizza è sicuramente il fatto che non utilizzi mai il suo vero nome per firmare i propri lavori, ma degli “eteronimi”. In questo modo lui stesso definisce il mosaico delle personalità che si vengono a formare nei suoi libri.

Ciascuna di loro rappresenta una tessera che contiene una parte del pensiero e dell’essere dell’autore, ed è solo andandole ad incastonare le une vicino alle altre che si riesce ad avere un quadro generale della sua vita. Vita di cui preferisce nascondere molti aspetti, a partire dall’anno di nascita (1949 o 1950?), infatti, come afferma, “è meglio lasciar parlare i testi”.

Molti di questi, appunto, incominciano con la morte che incombe sul protagonista. Può essere interpretata come una visione negativa e pessimista, ma in realtà secondo la corrente del post esotismo, di cui Volodine è il fondatore e il maggior interprete, la morte non esiste. Esiste il decesso, cioè la morte corporale, a cui segue il passaggio dell’ anima in una nuova dimensione onirica: il “bardo”.

Di conseguenza non si deve temere di esalare l’ultimo respiro, poiché in realtà ci aspetta una nuova vita che terminerà soltanto quando la parola, caratteristica suprema che accumuna tutti gli uomini,  si estinguerà.

Cordero Sofia, Laio Giovanni