Venerdì 11 maggio Erri De Luca, presentato da due alunni della scuola Holden di Torino, è stato invitato a parlare del suo ultimo libro Chi sono i diavoli custodi?, edito da Feltrinelli. Egli tenta di raccontare i disegni di mostri che l’artista Alessandro Mendini ha sviluppato partendo dalle figure lasciate sui fogli da un bambino, Pietro. Questo campionario di mostruosità terrestri (Erri usa la metafora dell’assemblea dei Minotauri che nessun Teseo riesce a sconfiggere) diventa nell’incontro di oggi un intenso discorso sociale-politico dello scrittore ai numerosi giovani della platea.
L’autore afferma di avere dentro di sé delle figure mostruose che lo spingono a riflettere su alcune tematiche: partendo dai terremoti, che l’autore napoletano descrive come entità presenti in ognuno di noi e soprattutto presenti in Italia (quindi non si dicano sempre emergenze), per passare poi a parlare delle varie e differenti funzioni del mare: durante la sua infanzia il mare campano era per lui un luogo di crescita, per altri di lavoro e non di divertimento; oggi invece il Mare Nostrum non è più la “strada liquida” tramite cui si sono divulgati i patrimoni culturali, ma è diventato il difficile percorso intrapreso da giovani immigrati in cerca di una nuova pace. Dato il numero di naufragi nel Mediterraneo, il mare di Omero si è fatto un altro dei mostri presenti nel libro.
Erri ha poi proseguito il suo discorso coraggioso e sociale con un riferimento ai monti: considerati perlopiù delle barriere, lo scrittore li ha invece definiti “il più bel ventaglio di valichi non sormontabili tra una nazione e l’altra”, quindi anch’essi naturalmente pronti a essere attraversati da chi fugge un difficile destino. Il tema dell’indifferenza rappresenta L’ultima pagina e la conclusione dell’intervento dell’autore; agli studenti che gli chiedono la differenza tra il suo essere commosso o spietato e la criticata inerzia dei giovani d’oggi, Erri risponde che non esiste gioventù senza “insolenza e arroganza “, ma anche che la “tranquillità” delle nuove generazioni dipende molto da una società fatta di troppi adulti. Molti applausi sono spesso partiti dalla platea, ma per questo scrittore “preciso” (e non poetico) il suono dell’applauso si assimila a quello delle pernacchie: anche in questo caso un comportamento opposto al divismo di tanti artisti.
Camilla Russo, Simone Pasini
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