“Mi diceva sempre che ero bella.
È bello quando ti dicono che sei bella.
Ti senti di essere qualcosa.
Invece non sei niente.” – Io so’ Carmela, pagina 22
Carmela aveva 13 anni quando si è suicidata a Taranto per aver subito ripetute violenze e non essere stata creduta. I suoi pensieri, raccolti in un diario ritrovato dal padre, Alfonso Frassanito, sono stati raccontati in una Graphic Novel scritta da Alessia Di Giovanni e illustrata da Monica Barengo.
“Io so’ Carmela”, edito da BeccoGiallo, racconta la tragica storia di una ragazza perseguitata da un pedofilo, il “Pedofilo di San Vito” conosciutissimo in città per gli abusi nei confronti delle ragazze. Nessuno ha mai detto niente. Tutti hanno taciuto.
Dopo una serie di violenze la situazione degenera. Carmela denuncia gli eventi; la perizia riconosce le violenze ricevute, ma non indaga. Anzi, la rinchiude in un istituto speciale per minori che hanno subito violenze e, contro la sua volontà, la costringe ad assumere farmaci. Carmela è disperata perché non riesce a tornare a una vita normale e perché non ha ottenuto giustizia.
Si suicida. E’ il 15 aprile del 2007. Una croce rossa sulla data nel diario ritrovato.
Sono tanti gli eventi ma sopratutto le persone ad aver spinto Carmela a buttarsi dal settimo piano di quel palazzo.
A distanza di sei anni dalla sua morte, nessuna giustizia è stata fatta. I colpevoli ci sono ma sono rimasti impuniti.
“Non è una storia unica. È una storia trasversale. Tanti sono gli episodi di ragazzine violentate che poi, non riuscendo a reggere il trauma, si suicidano. Sono episodi che si ripetono in tutto il mondo, tutti i giorni. Carmela non si è suicidata, è stata indotta al suicidio.” racconta l’avvocato Anna Ronfani.
Nell’incontro di oggi il libro è stato definito “un pugno nello stomaco” dall’avvocato Assunta Confente che ha denunciato l’indifferenza da parte delle istituzioni che dovrebbero occuparsi dei giovani e aiutarli a superare questo trauma non somministrando loro pillole, bensì sostenendoli per convivere con questo trauma. Come fa ad esempio l’associazione Demetra (attiva anche a Torino) che si occupa dell’assistenza ai giovani che subiscono violenze.
“Perché le istituzioni incitano a parlare, a denunciare questi fatti, se poi non sono in grado di ascoltare?” si domanda Alfonso che incolpa anche la scuola, troppo impegnata a non vedere infangato il suo nome invece di preoccuparsi di quanto stava accadendo a Carmela tra le mura scolastiche.
Gentilissime sono state l’autrice e l’illustratrice che, al termine dell’incontro, hanno risposto alle nostre domande:
“Com’è venuta a conoscenza della tragica vicenda di Carmela Fassanito? Cosa ha significato per lei raccontare questa storia in un fumetto?” Sono venuta a conoscenza della storia di Carmela tramite giornali online. In quel periodo stavo lavorando per uno spettacolo teatrale sulla violenza sulle donne; quando l’ho scoperto ho subito voluto approfondire l’episodio, contattando Alfonso, che si è reso molto disponibile.
In che modo ha lavorato per sviluppare la figura di Carmela? C’è un collegamento tra la felpa rossa di Carmela e cappuccetto rosso? Ho voluto rappresentare Carmela in modo diverso dalla realtà. Ho voluto disegnarla come una semplice ragazza. Ho scelto la felpa rossa unicamente per renderla riconoscibile in ogni singola vignetta. Non volevo collegare la sua figura con Cappuccetto Rosso anche se, come molti mi hanno fatto notare, ci sono molti punti in comune tra i due personaggi.
Avete lavorato di pari passo? Avete sviluppato prima la parte scritta oppure le illustrazioni? Abbiamo voluto lavorare seguendo uno schema “emotivo”. Abbiamo scritto e disegnato partendo dalle scene più intense del diario di Carmela.
Com’è stato lavorare a sostegno di una causa di questo genere? È stato un onore. È stata una storia che si è presentata in modo molto forte. È stato difficile immedesimarsi nelle atrocità che questa bambina di 12 anni ha dovuto subire.
Come mai ha scelto di parlare di Carmela attraverso un fumetto e non, essendo lei una sceneggiatrice, attraverso un cortometraggio? Secondo me attraverso un fumetto diventa tutto più vivo. Non come in un film, in cui tutto è “piatto”. Nel fumetto è più facile che il lettore si immedesimi nel personaggio.
Ci piace concludere riportando le parole di denuncia del padre di Carmela: “Una donna violentata muore giorno dopo giorno finché non mette lei stessa fine alle sue sofferenze.”
Hind, Tutor Fuorilegge
Giorgia Montefusco, Sara Scaramuzzo SMS Caduti di Cefalonia
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