«Ho finito di scrivere questo libro piangendo».

E’ probabilmente la frase più personale e significativa pronunciata da Mircea Cartarescu, a proposito del suo ultimo libro intitolato “Abbacinante. Ala destra”. Personaggio geniale e ironico, nonché uno dei massimi esponenti della corrente letteraria del postmodernismo, si concede ai presenti in oltre un’ora di conferenzapresso il locale torinese Spazio4. Sessanta minuti in cui lo scrittore condivide con il pubblico le sue numerose esperienze, ma anche le sue angosce e le sue opinioni in merito all’ odierno contesto geopolitico del suo Paese, la Romania. Chiaramente, non possono mancare riflessioni dalla connotazione esistenziale, prerogativa fondamentale e decisamente preponderante all’interno dei suoi romanzi. E’ proprio questa sfumatura tipicamente umana a contaminare l’instancabile rinnovamento della fantasia dell’autore, capace di dipingere nei suoi libri un meticoloso ritratto della sua Bucarest, dove si animano grotteschi mostri di violenza, interpretabili come demoni e suggestioni dell’autore stesso. La sua trilogia Orbitor” è infatti un vero e proprio estratto della coscienza dello scrittore, che confessa: «Ognuno dei volumi rappresenta un periodo preciso della mia vita, partendo dall’infanzia, fino ad arrivare ai tempi più recenti. Ogni libro è quindi caratterizzato da ansie e interrogativi differenti». Cartarescu rivela il suo amore verso alcuni clichè come l’immaginazione, il visionarismo e il surrealismo. Già, perché l’autore, raccontando alcuni aneddoti, si rivela un personaggio molto più enigmatico di quanto lasci trasparire dalle sue pagine. In un paio di circostanze, i suoi scritti gli hanno infatti giocato strani scherzi. «Ero a Budapest –ricorda l’autore- e avevo messo giù qualche idea riguardo ad una farfalla che, nel corso di un temporale, entra da una finestra per trovare rifugio in un’abitazione. Giusto qualche sera dopo, un forte acquazzone colpì la città in cui mi trovavo. Per caso, mi avvicinai alla finestra e vidi un grosso oggetto bianco che volteggiava davanti alla finestra: era una farfalla. La feci entrare e, terminata la tempesta, la rimisi in libertà». Racconti che hanno spiazzato notevolmente tutti i presenti in sala, molti dei quali, pur conoscendo la complessità e la magistrale capacità di astrazione di Cartarescu, non si aspettavano affatto simili aneddoti. Le rivelazioni non finiscono qui; l’ autore infatti ci parla delle sue ricorrenti visioni notturne, durante le quali vede circa una decina di persone, che ha ironicamente definito “Visitatori”, attornoal suo letto e aggiunge di non essere in grado di interpretare simili accadimenti. Proprio queste misteriose allucinazioni sono oggetto di riflessione nell’ultimo volume della trilogia dell’Abbacinante.A discapito di quanto si possa pensare, il paranormale non è l’unica tematica delle sue opere, ma solamente un tassello della sua psichedelia. Nei tre libri viene infatti trattato il tema della famiglia; in particolare, nel primo lavoro viene approfondita la figura materna. Nelle due opere successive sono invece affrontate esperienze come la separazione e la riconciliazione. Dopo aver affrontato argomenti vicini all’ambito famigliare, Cartarescu inizia quindi a parlare del suo rapporto con la metamorfosi, un fenomeno da sempre molto caro ai filosofi e ai grandi pensatori di tutte le epoche. Secondo il nostro ospite, la farfalla, oltre che emblema della suddetta trasformazione, è anche un simbolo del destino umano e di uno dei processi più naturali, ovvero la crescita. Non a caso, tale insetto è stato scelto dallo scrittore come immagine di copertina della sua trilogia e rappresenta un vero e proprio elemento di continuità, cioè una sorta di filo conduttore dei suoi romanzi.Al contrario, il suo cambio di stile, nell’ultimo tomo della fortunata saga, ha comportato un brusco cambio di marcia. Nel nuovo romanzo, è infatti presente una sorta di “Radiografia” del regime comunista di Ceausescu, a cui si aggiunge una pungente satira contro il governo post-rivoluzionario. Per la trattazione di tematiche ad argomento politico, dichiara di essersi avvalso di uno stile maggiormente realistico e immediato. La dittatura e le vicende politiche della Romania degli ultimi 3 decenni hanno infatti lasciato una marcata impronta nella mente dell’artista, segnandolo prima di tutto come persona. Dal punto di vista professionale, i suddetti avvicendamenti storici hanno inciso profondamente nei suoi scritti, contribuendo ad alimentare le sconfinate riflessioni presenti nei suoi libri. A questo punto, la discussione verte univocamente su temi politici, con lo scrittore che rivolge una sostanziale esortazione ai suoi connazionali per concretizzare qualcosa di positivo per la Romania. Dopo queste ultime patriottiche considerazioni di Cartarescu, scoppia un fragoroso applauso, che pone la parola fine ad un incontro molto intenso, i cui argomenti hanno spaziato dalla letteratura alla filosofia più esistenzialista, senza tralasciare la componente politica. Indubbiamente una conferenza molto sentita dall’autore e dal pubblico, che si è rivelato piuttosto partecipe e attento. Unica pecca riguarda l’interprete, che non ha tradotto uno scambio di battute piuttosto prolungato tra l’autore e alcuni presenti. Questi ultimi avevano rivolto alcune domande allo scrittore nella loro lingua nativa.

Alessandro Tassini e Matteo Zangheri, Liceo Classico Musicale “Cavour”, Torino.