É all’ombra degli alberi del cortile di Palazzo Rovella che si apre l’incontro “Chiamatemi zingaro”, un’ intervista da parte dei ragazzi di Occhio ai media a Valeriu Nicolae, giornalista e attivista per i diritti umani.
In questa atmosfera tranquilla e rilassante, l’ospite e i suoi intervistatori discutono di un tema scomodo: cosa vuol dire essere rom, come far si che la loro comunità si inserisca nelle società e come superare i luoghi comuni che li hanno come soggetti.
Valeriu cerca di alleggerire il clima facendo qualche battuta, non si aspettava cosi tanta gente ad un incontro sui rom, chiede al pubblico se non hanno forse sbagliato, ma senza perdere troppo tempo risponde alla prima domanda accuratamente preparatagli dai coinvolti giovani di Occhio ai media, la loro organizzazione di occupa di monitorare che gli articoli non siano razzisti e se lo sono, di segnalarli nel loro sito. Nel frattempo tra il pubblico passa un foglio “6 anni di istigazione all’odio contro i rom” é il titolo, a seguire parecchie pagine di articoli segnalati sul sito di Occhio ai media, purtroppo sono tutti articoli di giornali assai letti: Il Giornale, Resto del Carlino, persino La Repubblica e La Stampa, anche se meno presenti.
Nicolae afferma che il più grande problema della non integrazione dei rom, é la loro indifferenza; i rom, sostiene, sono una popolazione che é indifferente a quello che le succede, permette che gli capiti quello che gli altri voglio far capitare, non sente il bisogno di essere rivalutata socialmente, di unirsi alla comunità in cui viene ospitata. L’attivista romeno é convinto infatti che la colpa del razzismo nei confronti dei rom, non sia soltanto dei giornali, della politica (in questo caso italiana), ma dei rom stessi e dice “non si possono negare certi aspetti, come attivista non devo dare solo ragione alle comunità che difendo, ma fare in modo che i problemi si risolvano, e questo non succede se si ignorano le parti scomode del mio lavoro”.
Un punto di vista nuovo, rinfrescante, che in argomenti sempre trattati, c’è bisogno di sentire.

Alessandra Cordiano, Liceo Classico Alfieri