Recuperammo i caschi, che non usavamo mai, ma quando devi coprirti la faccia servono. Scendemmo verso Napoli, la più bella città del mondo, a cavallo dello scooter nero di Pascà, truccato da mani esperte che al box della Ferrari se lo sognano. (…)

Di solito piegavamo verso il Vomero a caccia della borsetta ricca di qualche chiattilla, ma quella volta calammo lungo via Toledo e inquadrammo quasi subito la lepre nel mirino: un Rolex Explorer a fondo nero.

Toccai il ginocchio di Pasquale per allertarlo. Aspettai che le auto si incolonnassero a un semaforo, mi avvicinai alla macchina e con il manubrio urtai lo specchietto retrovisore. Mi scusai subito con un gesto della mano.

Appena il conducente allungò fuori il braccio per raddrizzare lo specchietto, Pascà gli sfilò l’orologio con la naturalezza di un baro che pesca la carta dal mazzo. Quello era il suo talento, non avendo avuto la possibilità di coltivarne altri. pp.40-41

‘O Maé, di Luigi Garlando, Il Battello a Vapore