I fumetti erano vietati in Ungheria, e i professori pensavano che nessuno di noi avrebbe dovuto leggerli. Li chiamavano “spazzatura”, “propaganda americana”, o questo genere di cose. Io non avevo mai davvero capito cosa significasse “propaganda”, ma capivo perfettamente “spazzatura”, e non ero d’accordo. A me piacevano.

E non solo a me.

Per questo cercavo di leggere il più possibile. E di farli girare di nascosto tra i miei amici. Di spacciarli.

Non avevo un’idea chiara del perché fossero vietati, e nemmeno se lo fossero per tutti i ragazzi ungheresi. Ma lo erano per me, per i miei compagni di classe, i miei amici. E io, i miei compagni di classe, i miei amici, erano tutto il mondo che conoscevo.

Lo spacciatore di fumetti, di Pierdomenico Baccalario, Einaudi Ragazzi, p.16

Questa citazione è per me un altro esempio di come il Male si possa presentare nella vita degli uomini e anche dei ragazzi.

Mentre leggevo il libro mi domandavo: “Perché, in un momento della storia neanche tanto passato, qualcuno ha deciso di impedire che dei bambini leggessero i fumetti? Di che cosa aveva paura?” Devo confessare che subito non l’ho molto capito!

Poi ho chiesto ai miei genitori e loro mi hanno spiegato che non tanto tempo fa, dopo la Seconda Guerra Mondiale, in alcuni stati dell’Europa i cittadini non erano liberi di pensare quello che volevano e lo Stato controllava tutto, anche quello che si insegnava nelle scuole.

Marco Santise