Concita De Gregorio ha presentato ieri nel giardino di Palazzo Roverella il suo nuovo libro “Mi sa che fuori è primavera”. È partita premettendo che il romanzo narra una storia vera, ma la storia sè è un pretesto: appunto, viene prima della storia. Tutto inizia un giorno d’autunno quando Irina, fino ad allora una sconosciuta per la scrittrice, si presenta a casa sua con fiori, cioccolatini e una sola richiesta: essere ascoltata. La sua storia cambierà profondamente la vita di Concita.
Irina abita in Svizzera e fino a cinque anni fa aveva la vita che tutti desidererebbero. Un marito, due gemelle e un lavoro sicuro. Nel Gennaio di cinque anni fa, però, tutto svanì: il marito, da cui si era separata da poco, scomparve portando con sè le due bambine. Si seppe poi che lui si suicidò buttandosi sotto un treno, ma delle due figlie nessuna notizia. Il non sapere è peggio della morte. Dopo lunghi di anni di terapie, farmaci e cure le più varie, ha chiesto a un’amica di Concita, la quale l’ha pregata di ascoltare la storia tragica di questa donna.
Irina non si era recata da Concita con l’intenzione di far scrivere la sua storia, ma per farsi porre domande precise e particolari per mettere ordine nella sua testa. Le parole fanno diventare vere le cose. Irina non sapeva come mettere insieme i pezzi della sua storia, e come i giapponesi ricostruiscono gli oggetti andati in frantume servendosi dell’oro colato, così lei aveva bisogno di Concita come collante. Nella cultura orientale infatti, l’oggetto riparato con l’oro acquisisce nuovo valore e un’identità unica al mondo. Invece, nella cultura occidentale, si tende a nascondere le ferite e così si riaggiustano i cocci della propria vita con della semplice colla trasparente. La colla è parola, è ascolto. Le parole aggiustano le persone.
Dove va il tempo quando è passato? Dove vanno le parole quando sono dette? Non esiste una parola che definisca chi perde un figlio. Esisteva in ebraico, ma oggi è andata in disuso. Dov’è finita? Perchè non si usa più? La parola è un luogo, costituisce la propria identità.
Sofia Benini, Liceo Ariosto e Anna Rudino, Liceo Alfieri
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