Amazona Hajadaraj Bashaj e Maria Abbebu Viarego; la prima vincitrice del premio speciale Torino Film Festival del X Concorso letterario nazionale Lingua Madre, la seconda vincitrice del Premio Speciale Giuria Popolare.  Due scrittrici diverse ma che hanno affrontato però lo stesso tema: il tema della Madre, seppure da due punti di vista diversi. All’incontro sono presenti Daniela Finocchi, giornalista e saggista torinese nonché ideatrice del concorso letterario nazionale Lingua Madre, assieme e le due scrittrici.

Amazona Hajadaraj, nata in Albania ed arrivata in Italia nel 1992, ha vinto il premio grazie al suo libro “Cara Mamma” con la seguente motivazione: Nonostante l’assoluta brevità ed essenzialità del testo, il racconto riesce a tratteggiare due fisionomie forti e combattute e a costruire un abbozzo di storia; lavorando solo sugli sprazzi della memoria, su immagini veloci che emergono dal passato, l’autrice individua con esattezza una condizione umana dolorosa e non cerca scampo nella consolazione di generici buoni sentimenti.  Il racconto, come afferma Amazona, può essere idealmente diviso in due parti, la prima in cui la storia è vissuta dal punto di vista del Bambino abbandonato dalla madre, la seconda parte in cui è la Madre la protagonista e nella quale la figura materna viene in qualche modo giustificata; era questo il fine principale dell’autrice, condannare e contemporaneamente giustificare il gesto della madre. Dopo che viene letto un estratto del libro, una lettera che il bambino scrive alla madre in cui le dice tra le altre cose che la ringrazia per averlo messo al mondo, Daniela Finocchi chiede ad Amazona se la pensa davvero così, la sua risposta è che la cosa per cui dobbiamo essere più grati alle madri è di averci messi al mondo. Alla domanda se i suoi racconti siano autobiografici Amazona risponde che non sono autobiografici, La mia autobiografia la devo ancora scrivere sostiene, ma neanche racconti di fantasia; si ispira semplicemente alla sua vita.

Il tema della Madre lo affronta da un diverso punto di vista, Maria Abbebu Viarengo nata in Etiopia ne 1949 e in italia dal 1968 e fondatrice del Centro Interculturale delle donne AlmaTerra di Torino, con il suo racconto “Mia Cara Figlia” , una lunga lettera rivolta ad una delle sue figlie, perché, come sostiene lei, leggere una lettera è diverso dal messaggio whatsapp, per una lettera ti siedi, apri la busta e ti prendi del tempo in cui pensi solo alla persona che ti ha scritto; inoltre quando era in Etiopia e andava a scuola in Sudan le lettere erano l’unica mezzo di comunicazione con la famiglia . Quando Daniela le domanda perché scrive Maria sorride e dice che ha cominciato a scrivere per non dimenticare, ha cominciato a scrivere ciò che aveva lasciato nel suo paese d’origine, ciò che aveva provato, ciò che aveva sentito; la scrittura era per lei un processo di autoanalisi e un modo per far conoscere l’Etiopia a chi non la conosceva ( molte persone, infatti diceva che l’unica cosa che gli Italiani sapevano dell’Etiopia era che è stata una colonia).

Un argomento che affiora come conseguenza naturale della discussione è il razzismo e la cultura; Maria sostiene che c’è una grossa differenza tra chi è nato qui e chi qui ci è arrivato, “Non esistono Italiani neri?” chiede, e si risponde da sola “certo che esistono! Balotelli per esempio, è di colore ma è cresciuto in Italia, o qualsiasi bambino africano adottato è italiano, perché non è il colore della pelle a renderci italiani o meno, ma la cultura con cui siamo cresciuti”. Amazona dice che quando è arrivata ha subito cercato di omologarsi con la società perché “se ci si sente uguali, si supera più facilmente il razzismo”. 

Federico Albert, Redazione Alfieri