Il primo incontro di questa mattina a Portici di Carta è dedicato al concorso nazionale Lingua Madre: donne straniere in Italia, giunto alla sua XI edizione. Sul palco l’ideatrice e direttrice del concorso, Daniela Finocchi, in compagnia delle vincitrici di due sezioni, Luisa Zhou e Jacqueline Nieder.
Il concorso Lingua Madre si occupa da 11 anni di dare voce a chi abitualmente non ne ha: è uno spazio aperto che non pone limiti, non si fa portavoce, ma dà voce a protagoniste di qualsiasi età e condizione; una particolare attenzione è rivolta alle donne straniere, che in questo contesto sono doppiamente discriminate.
É un’iniziativa che dura tutto l’anno con incontri, convegni e laboratori, grazie alle collaborazioni avviate con i partner, e il bando del concorso è distribuito in tutte le carceri e scuole italiane.
Daniela Finocchi presenta Luisa Zhou, vincitrice del Premio Sezione Speciale Slow Food Terra Madre, con il tema del rapporto con il cibo, la terra e la natura. Luisa è nata e vissuta a Torino, ma i suoi genitori sono originari di un piccolo villaggio della Cina meridionale. Ha frequentato il Liceo Classico in Italia, tuttavia nei suoi documenti appare la scritta “nazionalità cinese”. A 19 anni trascorre un anno sabbatico alla ricerca delle sue origini in Cina, ed è proprio durante questa esperienza che decide di partecipare al concorso Lingua Madre. La scrittura è un particolare metodo di comunicazione con cui lei ha un rapporto speciale: la considera un parto, una creazione che richiede tempo e fatica, è solo alla fine ci si rende conto del risultato.
Luisa prosegue raccontando di sé, di come si senta divisa tra due culture, e di quanto sia difficile capire il senso di appartenenza ad una terra o ad un’altra. L’identità non è fatta di percentuali, ma consiste nel superare il divario tra due mondi agli antipodi. I ragazzi di generazioni successive alla prima si trovano davanti a questa sfida: trovare un compromesso, costruire una ricchezza che nasce dall’unione di due culture che li dividono.
Dall’anno sabbatico Luisa è tornata cambiata: è partita pensando di trovare risposte sulle sue origini, ma ha trovato tante contraddizioni. Sottolinea di essere una ragazza straniera nata in Italia, di non aver mai conosciuto la migrazione, e di esserne solo il riflesso; eppure è italiana per gli amici, e cinese per i suoi genitori. Dopo il rientro in Italia ha poi partecipato ad un progetto dell’ANGI, Associazione Nuove Generazioni Italo-cinesi, che aiuta i ragazzi stranieri giunti giovanissimi in Italia, e ha preso parte alla realizzazione di un emozionante spettacolo teatrale intitolato “La Giovine Italia”, in cui hanno recitato esclusivamente donne, straniere di prima generazione o di generazioni successive.
L’altra protagonista dell’incontro è Jacqueline Nieder, padre argentino e madre italiana, vincitrice del Premio Sezione Speciale Donne Italiane. Jacqueline si è laureata in Lettere Moderne all’Università di Bologna, e attualmente vive a Torino, dove studia presso la Scuola Holden.
La sua è una storia di dolore e perdono: racconta la genesi del dolore, metabolizzato attraverso il rapporto madre-figlia. La maternità è intesa come l’opportunità di superare il trauma dello stupro subìto: la madre ama follemente la figlia, ma nel contempo le serba rancore, perché rappresenta il frutto di un momento doloroso vissuto durante la guerra in Jugoslavia. Madre e figlia cercano il reciproco perdono: la donna acquisisce la piena consapevolezza del perdono della figlia nel momento in cui quest’ultima partorisce.
L’ispirazione per la stesura del racconto nasce proprio in casa: Jacqueline Nieder è cresciuta con una tata croata e con sua figlia, che è stata per lei come una sorella. Nel racconto riporta gli aneddoti molto crudi e frammentari che la tata le ha raccontato di volta in volta, ricostruendo a fatica i ricordi di un passato doloroso.
La figlia della tata, seppur di origine straniera, si è sempre sentita più italiana di lei, e si è inserita meglio persino nel contesto scolastico. Dunque quanto il luogo che ci tenera ha il diritto di etichettarci come “suoi”, e di rappresentarci? È curioso come chi viene da un altro paese a volte si senta più italiano di noi. Questo ci aiuta a comprendere che il mondo é sempre più interconnesso, e che non ha più senso parlare di confini. Esistono lingue, religioni, e razze diverse, ma al di sopra di tutto c’è una sola terra madre che lega e alleva tutti noi.
Alessandra Saponara, Camilla Brumat
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