C’era chi salvava le parole scavando con le mani; chi guardando in
alto verso il sole; c’era chi cercava tra le rovine e chi trovava
pepite tra le macerie ammonticchiate da qualche parte vicino; c’era
chi sapeva gustarsi le rive aperte degli scavi e chi si gettava tra i
solchi a mani nude per recuperare qualche parola nascosta, impastata,
corrosa lasciata lì da chissà quanto tempo.
Tutti scendevano, si gettavano, aravano con ciò che avevano a
disposizione e tutti si facevano sanguinare le dita, le unghie. Poi
si tornava disperati e felici ognuno alla propria casa, al proprio
ritorno con tesori pieni di inesauribili segreti.
*
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
di inesauribile segreto.
[Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto]
E ci siamo arrivati anche noi, trovando canti tra le parole raccolte,
tra le parole “salvate”. Ognuno con la sua parola scritta tra le mani,
come un nome di battaglia, come un riconoscimento.
Ogni parola un porto, ogni porto un viaggio.
Adesso lo sappiamo che le parole arrivano da molto lontano e in questo
viaggio, ora lo sappiamo tutti insieme quale racconto si può trovare
dentro una parola soltanto: un racconto di racconti; una storia di
storie.
Gratitudine, incontro, sogno, morte, paura, amore, coraggio, libertà,
condivisione, famiglia, casa, perseveranza! Sono queste alcune delle
parole scavate fino alla fine, le stesse che abbiamo ospitato nel
nostro viaggio durato tre giorni, tre notti, tre anni, tre secoli.
Ogni parola lo sappiamo adesso porta con sé altre parole che ci
premono alle spalle, proprio come coloro che ci hanno preceduto, come
coloro che sono stati i primi a parlare. Noi gli ultimi, noi i
testimoni.
Stiamo andando ancora, siamo ancora in viaggio e da questo porto ci
siamo riconosciuti per nome, come in un battesimo continuo.
Qualcuno si ritroverà, qualcuno si perderà ma dai solchi le parole ci
ripeteranno ognuno per nome ed ognuno con il proprio nome. Siamo una
narrazione e da qui abbiamo fatto un coro solo.
La poesia ci ha stretto la mano e il merlo… guarda… continua a
cantare dalle sue albe…. ora ascoltato, e forse non più solo!
Trino, 17 aprile 2018
Stefano Raimondi
Leggi anche “La poesia o un merlo?, scritto da Stefano Raimondi dopo il primo incontro
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