E’ l’argomento del momento, o meglio, è la sua vicina a nord ad esserlo. La quarta economia asiatica (e undicesima mondiale) è oscurata dai fatti di cronaca che vedono come protagonisti la Corea del Nord, gli Stati Uniti, la Cina e altri paesi coinvolti in questo conflitto a livello globale.
Durante l’intervista, i tre esperti in materia, hanno fatto chiarezza sui principali fatti che coinvolgono il paese.
I dati parlano chiaro: nel 2007 si contava che i lavoratori facessero più di 2000 ore lavorative l’anno, il numero più alto a livello mondiale. Lo studio, estremamente importante, occupa gran parte delle ore di riposo; per rendere al meglio si continua a lavorare ininterrottamente. E’ il paese con il più alto tasso di insoddisfatti sul lavoro e anche, purtroppo, con un tasso di suicidi del 29,1 per ogni 100.000 abitanti. Se si fallisce, il gesto estremo viene visto come unica via di uscita.
Contraddizione: la parola chiave che racchiude lo spirito coreano. Un aspetto contraddittorio riguarda il benessere, che viene messo in secondo piano rispetto al lavoro. Questo abuso di se stessi causa problemi all’individuo come alla famiglia. La società sud coreana si fonda sulla famiglia, ma allo stesso tempo una forte paura del futuro si instaura nell’individuo che aspetta molto tempo prima di rinunciare alla sua individualità. Nonostante questo la società non si definisce individualista, ma anzi ci dice scherzosamente Kim Young-ha, gli abitanti della Corea del Sud vengono definiti “gli Italiani d’Asia“.
Chang Kyung-Sup, docente dell’università di Seoul, leggendo i suoi dati costruisce una forte antitesi a favore del paese. La situazione non è catastrofica come sembra. Tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, la Corea ha raggiunto il record di crescita economica e ha seguito negli anni ’90 una forte urbanizzazione. Da trent’anni il paese non è più sotto dittatura, ma anzi è stata dichiarata la democrazia. Questi pochi aspetti positivi sono fondamentali per comprendere pienamente ciò che sta succedendo al giorno d’oggi.
A prendere parola è Kim Young-ha, scrittore e giornalista sudcoreano. Per molti cercare di adattarsi allo sviluppo è troppo complicato. La vecchia generazione sente nostalgia degli anni “felici” in cui lo sviluppo era “alle stelle” mentre quella nuova non potrà mai vivere quegli anni sentendosi “povera” rispetto a quella precedente. Questo genera un sentimento di tristezza, che lascia i giovani nel costante dubbio. L’ansia, la paura di fallire e di quello che verrà sono alcuni dei motivi che causano il suicidio. E’ il sistema coreano troppo duro a scaturire queste paure applicando troppe pressioni sui giovani. Sono entrati in un circolo vizioso dal cui è difficile uscire.
Il popolo dopo gli ultimi avvenimenti politici, si sente spaesato. La lotta per la democrazia “sacrificata”, come la definisce Kyung-Sup, ha dato i suoi frutti solo quest’anno con l’impeachment della presidente Park Geun-hye, ma deve compiere ancora tanta strada. Prima di tutto, suggerisce Sup, va sviluppata a partire dalle istituzioni, servono partiti qualificati, la forza politica non deve servire come rappresentate della società e serve programmare una serie di misure per risolvere le problematiche che coinvolgono il paese.
Claudia Felloni, Liceo Ariosto Ferrara
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