Corrado Augias, in veste di scrittore e politico, fa parlare la costituzione italiana, che questo 25 aprile ha compiuto ben 70 anni. La  attuale costituzione ha avuto una storia terribilmente travagliata, caratterizzata da una gestazione durata dal 2 giugno del ’46 al capodanno del ’48. Gli Italiani hanno votato per due cose all’alba della repubblica, una proprio la forma istituzionale (e la monarchia prevalse con un 70% al sud, soprattutto nelle aree dell’ex Regno di Napoli), l’altra i costituenti che avrebbero deciso del loro futuro e del nostro.

C’è da dire che la nostra cara Italia è arrivata un po’ in ritardo, ovvero quando la Francia aveva avuto la durée de citoyens già nel 1789 e l’Inghilterra la Glorious Revolutions nel Seicento, ma è finalmente arrivata, come disse Piero Calamandrei, “scritta col sangue di chi si è battuto nella resistenza, ma erede di Beccaria e Mazzini”.

“Da noi un monumento di Mazzini dovrebbe stare in un mausoleo come in America ci sta quello di Lincoln”, ha detto Augias, e proprio in virtù dell’idea mazziniana di rivestire la Repubblica Romana (1849) , effimera ma gloriosa, con una sacralità laica.

Il giornalista ha poi proseguito citando e commentando alcuni articoli della nostra costituzione: dei diritti del cittadino  ha voluto sottolineare parole come libertà, pena di morte o concetti come quello della separazione del potere temporale e spirituale (che già il sopracitato Mazzini aveva considerato). A seguire una considerazione sullo Stato come “monopolista della giustizia e della violenza”, con l’accento sul compito che esso ha d’impedire l’abuso della violenza e della libertà. Non sono mancate le osservazioni critiche sul funzionamento statale, che , come in questi giorni stiamo sperimentando, è spesso lento (cosa che ha portato gli Italiani al voto il 12 dicembre 2016 per decidere dell’abolizione del Senato) ma ciò, dice Augias, “è dovuto alla necessità di decentralizzare il più possibile il potere, perchè lo Stato deve essere inattaccabile e nessun potere deve prevalere sugli altri”. In realtà questo non è proprio riuscito, causa la sovranità parlamentare e le relative degenerazioni, che risultano essere dei pesi, delle catene che ci ancorano al suolo. A nostra discolpa, però, possiamo essere fieri di essere gli unici con due Camere perfettamente equilibrate.

Augias ha poi citato La Pira, dandogli il merito di aver capito per primo che l’Italia deve essere “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.”, appena prima di chiedere ai presenti nella sala gialla di votare, per alzata di mano, l’eliminazione della parola “razza” all’interno del terzo articolo della Costituzione. “Dovrebbe restarci, secondo me, come una bruciatura di sigaretta” ha detto il relatore, schierandosi dalla parte della maggioranza, “perchè deve ricordarci che, anche se oggi non ne abbiamo bisogno, c’è stato un periodo in cui se n’è sentita la necessità”.

Gli ultimi interventi sono stati riservati all’articolo quinto, che secondo il giornalista è stato elaborato più che correttamente: “la Repubblica è una e indivisibile, ma il decentramento è d’obbligo, dato che siamo lunghi e stretti, e gli uni legati a necessità diverse dagli altri”. L’incontro si è  concluso con la lettura dell’articolo nono, appositamente scelto per un evento come quello del Salone del Libro di Torino ” La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”.

Elisa Amenta

Ilaria Brandi