Le parole d’ordine che hanno guidato gli appuntamenti con gli studenti dell’istituto Giolitti, sono state: “creatività” e “lavoro di gruppo.”
Sempre con la supervisione della professoressa Nigro che mi ha supportato con precisione, simpatia e competenza, durante il primo incontro ho cercato di illustrare ai ragazzi, partendo dal mio libro “L’angelo del mare fangoso. Venetia 1119” il processo creativo che sta alla base della costruzione artigianale di un romanzo. Dalle ricerche storiche, alla organizzazione del materiale, dall’invenzione dei personaggi alla scelte linguistiche, fino all’impegnativo lavoro quotidiano di scrittura.
Attraverso il mio lavoro di sceneggiatore, ho cercato di far comprendere l’importanza di imparare a lavorare in gruppo, in qualunque settore si operi, cercando sempre il modo migliore per creare una squadra affiatata.
Dal secondo incontro in poi, i ragazzi sono diventati i protagonisti, del progetto.
Abbiamo formato quattro gruppi di lavoro di tre, quattro persone. Ho dato loro un’idea generica che potesse essere sviluppata in un progetto creativo:
“Raccontare una prima volta.”
Dai 4 gruppi sono nati diversi temi più specifici:
- La prima ubriacatura.
- La prima volta in bicicletta.
- La prima cotta.
- Il primo atto trasgressivo.
Negli incontri successivi i ragazzi hanno sviluppato una struttura più complessa, delineando i personaggi, i luoghi e i tempi dell’azione, fino a stilare una scaletta del racconto.
Ogni gruppo ha scelto un mezzo espressivo diverso.
Uno produrrà un racconto, un altro un fumetto, un altro ancora una sceneggiatura e l’ultimo un vero e proprio video.
Ci siamo lasciati con l’impegno da parte loro di portare a termine, con l’aiuto della professoressa Nigro, la fase conclusiva del progetto.
Ho inoltre proposto a tutti i ragazzi un questionario anonimo sulla lettura. Tutti hanno risposto.
Le domande erano:
- Quanti libri leggi in un anno?
- Se leggi pochi libri, perché?
- Che cosa non ti piace nella lettura?
- Se leggi, ti capita di lasciare un libro prima della fine?
- Perché?
Roberto Tiraboschi
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