I più grandi studiosi e conoscenti di Pablo Neruda riuniti nell’intimo spazio adibito ad accogliere gli incontri riguardante il Cile: oggi a mezzogiorno si vogliono celebrare le due opere più apprezzate del famoso autore cileno, premio Nobel per la letteratura nel 1971: Crepusculario e Residencia en la tierra. Due opere completamente diverse: Crepusculario, la prima raccolta di poesie di un Neruda appena diciannovenne, presenta uno stile più vicino al post modernismo e al simbolismo, focalizzandosi su quella tematica amorosa che costituirà la base sentimentale del modo di vivere e capire l’amore per molte generazioni future. Crepusculario è una raccolta che, tra trecento anni, come sostiene Zurita, “verrà recuperata, come la Divina Commedia”. Questa opera può definirsi propria non solo del poeta, ma di un’intera comunità: Neruda è riuscito a trascrivere in versi tutto ciò che un uomo non è capace di esprimere a parole. Nonostante si sia dimostrato eccelso nella poesia amorosa, il famoso poeta cileno visse diversi momenti della sua vita, che lo portarono a contatto con tematiche e stili profondamente differenti: ne è un esempio Redisencia en la tiera, opera pubblicata per la prima volta nel 1933. Il professor Loyola pone particolare attenzione al titolo di questa opera: potrebbe sembrare che la scelta di questo nome possa fare riferimento al fatto di essere circondati da problemi reali e politici; non è così. Infatti, durante il suo soggiorno in Birmania, dopo mesi di solitudine, Neruda conobbe un’indigena, un personaggio misterioso con cui vi fu una “passione vulcanica”, come lo stesso Loyola ha definito. Il titolo dell’opera del poeta, quindi, vuole esprimere un’opposizione del tutto innovativa nella letteratura cilena tra il paese dell’indigena, definito “umano” e, di conseguenza, terreno, e il paese dei sogni, dunque un luogo totalmente utopico e idealizzato. Nonostante un innovativo utilizzo di un tono “oscuro, primigenio”, Residencia en la tiera possiede un sentimento e una passione tali per cui, come esprime Loyola, “il lettore viene inevitabilmente contagiato, provando la medesima gioia che provava lo stesso Neruda mentre leggeva le sue poesie di fronte ad un pubblico”.
Margherita Mastellari
Liceo Ariosto
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