Davvero la storia e la grammatica non sono così noiose come sembrano? E’ stato questo il grande interrogativo dell’Ora Buca di oggi, 19 maggio. All’Arena Bookstock sono intervenuti in favore delle discipline di storia ed italiano due grandi personalità culturali: Alessandro Barbero e Giuseppe Antonelli. Superfluo dire che entrambi gli interventi si sono rivelati quantomeno illuminanti.

Alessandro Barbero, storico e scrittore attualmente in attività, ha affrontato la storia in maniera del tutto originale, in un’ottica interamente incentrata sull’ambito scolastico. Come rendere interessante ed appassionante quel lato nozionistico della disciplina storica, tanto noioso quanto necessario? La questione potrebbe non avere mai risposta, se non nella passione degli insegnanti, che devono essere in grado di inserire i dati di nozione in un contesto meno sterile, proprio come Erodoto vagliava le documentazioni delle sue ricerche con aggiunte di elementi riconducibili ad un filone più vicino al meraviglioso -anticipando la di molto successiva disciplina dell’etnografia. Rimane però fondamentale un’impostazione scientifica in pure stile tucidideo, la cui opera assume un carattere analitico e volta non ad un godimento occasionale ma atta a fornire dei precedenti per le generazioni a venire. Proprio di precedenti si tratta: nella concezione dei Greci, presenza assidua degli interventi di Barbero, la storia consiste un una successione di “lezioni” che periodicamente si dimostrano straordinariamente utili. Ed è proprio il meraviglioso il mezzo con cui le si devono diffondere nelle scuole, abbattendo l’ostacolo della noia tanto detestata dallo studente medio. 

Altra disciplina che sembra aver bisogno di un rinnovamento è la grammatica, che a parere del linguista Giuseppe Antonelli (qui intervistato) non è dogmatica e sempre uguale a se stessa come si tende a pensare, bensì “glamour”,nel senso etimologico del termine. Affascinante e mutevole, la grammatica è proprio la dimostrazione del fatto che le lingue cambiano, in meglio o in peggio, quando cambia chi le parla. Lo stesso Leopardi, se si utilizzassero i canoni odierni, sarebbe colpevole di aver usato, reiteratamente, i cosiddetti congiuntivi alla Fantozzi, e nonostante questo nessuno si sognerebbe mai di criticare le scelte linguistiche del grande poeta e filosofo. Lo studio della lingua è quindi importante proprio perché tra questa e la società sembra intercorrere un legame a doppio filo, e seguendo questo ragionamento, ci si trova necessariamente a meditare sul mondo di oggi e su come le nuove modalità di comunicazione lo hanno cambiato. Al di là degli stereotipi del nuovo slang multimediale giovanile, spiega Antonelli, il vero problema del mondo dell’ e-pistola è che sembra essere scomparsa una sorta di senso compiuto nelle vie di comunicazione contemporanee, fattore che è invece fondamentale nella sintassi e in generale nella corretta declinazione delle lingue, in favore di un susseguirsi inorganico e casuali delle frasi di un discorso. 

Comune ai due relatori è però, senza alcun dubbio, il reputare la scuola vittima di uno svilimento piuttosto grave: se è vero che la società si nutre dei prodotti che il sistema scolastico è in grado di fornire, è dunque necessario riconoscere che l’insegnamento deve rinunciare, almeno in parte, a nozionismo sterile e obsoleto, per puntare a metodi nuovi e più aperti, ma non per questo da considerare superficiali. Nei casi specifici della storia e della grammatica, considerando che una ci serve come esempio per affrontare il presente e l’altra è testimone del cambiamento della cultura corrispondente, è chiaro che più che mai dobbiamo renderci conto della grande importanza di certe discipline nella lettura critica dell’epoca contemporanea.

 

Giovanni Sette, Piervittorio Milizia 

Liceo Ariosto, Ferrara