L’antropologo Marino Niola ha presentato a PordenoneLegge il suo libro “Hashtag. Cronache da un paese connesso” in un incontro introdotto da Gianmario Villalta. Il libro contiene uno studio di quelle che l’autore stesso definisce le tribù contemporanee metropolitane, sottolineando il fatto che noi siamo i primitivi di un territorio extraterritoriale quale la rete.

Il professore focalizza la sua attenzione sulla rivoluzione della realtà da parte dei social media attraverso, per esempio, un’analisi dell’elemento della memoria, che apparentemente è vittima del progresso delle connessioni, ma a suo avviso risulta enormemente ampliata, resa versatile e sicura.

Niola si dimostra positivo nei confronti di questa trasformazione e cerca di spiegarne gli aspetti sociali e antropologici, attraverso un incontro che non ha la pretesa di insegnare a un pubblico giovane l’utilizzo del termine hashtag. Di questo dà un’interpretazione etimologica che vede nella parola “hash” (dal francese spezzettato) e “tag” (etichetta oppure pezzetto ritagliato ed incollato, dall’inglese antico), una sorta di ritaglio di realtà con la funzione di principio d’ordine alla quantità di contenuti presenti in rete. Inoltre l’hashtag rappresenterebbe una metafora che indica la trasformazione del linguaggio in seguito alla trasformazione della società, come è avvenuto con le metafore barocche e con l’arte degli anni ’30. Come le metafore, la tecnologia ha il compito di rendere reali immagini figurate prima inaccessibili, attraverso il finora trascurato senso del tatto (il cosiddetto touch).

Secondo il professor Niola siamo tutti cittadini del mondo digitale, nativi come le nuove generazioni, oppure migranti. Respinge fermamente l’opinione secondo cui la gente sarebbe portata a smettere di comunicare, in quanto a sua parare le comunità digitali che si stanno formando sarebbero accompagnate da reti di persone fisiche che si servono del web per tenersi in contatto.

Questi nuovi modi di vedere un mondo iperconnesso hanno portato a un graduale passaggio dal “Cogito ergo sum“, ossia l’individualità di pensiero, ad una sorta di “Digito ergo sim“, che vede l’uomo come unità comunicante e quasi un prolungamento della sua carta.

Gli inconvenienti che si riscontrano nella vita all’interno della comunità digitale, secondo Niola, sono dovuti al fatto che questo mondo neonato è ancora costituito per la gran parte da pionieri e privo delle regole necessarie, per questo paragonato al Far West. In questa prospettiva gli hashtag rappresentano le schegge del big bang digitale che porta con sé un nuovo orizzonte cosmologico dinamico.

Per finire, secondo il professore, è necessario trovare equilibrio e stabilità all’interno di questa nuova realtà emergente, prendendo come base di partenza la scuola, la quale dovrebbe lasciarsi alle spalle vecchi metodi e strumenti e trasportare le competenze passate attraverso nuovi mezzi.

Angelica Carli, Serena Zuliani
Liceo Grigoletti Pordenone