Nell’intervento del 5 dicembre, Saverio Costanzo, premio David Donatello e Nastro D’argento, viene intervistato da Giordano Meacci, scrittore con cui ha collaborato per la sceneggiatura del film Non Essere Cattivo.
Il regista italiano, attraverso la sua esperienza personale e cinematografica, riflette sul legame tra interno ed esterno: nel corso dell’intervento dimostra come il binomio, apparentemente antitetico, soprattutto nell’arte del cinema formi un legame indispensabile per veicolare il messaggio artistico.
Costanzo parte dal suo percorso di vita, un giovane appena laureato in sociologia in difficoltà  nel trovare il suo posto nel mondo e nell’esprimere la sua interiorità. Negli anni novanta si trasferisce a New York dove intraprende la sua carriera di documentarista, prendendo come soggetto dei suoi lavori la comunità italo-americana di Brooklyn.  Attraverso le vetrate del Caffè Americano osserva e riprende gruppi di italiani nel vastissimo e cosmopolita clima newyorkese. Il regista, come una guida silenziosa, fa emergere i dettagli della vita quotidiana dei personaggi unendo i retroscena della cucina all’interazione fra i camerieri e la clientela. Successivamente dà vita a un documentario sulle terapie intensive; con in mano la cinepresa si muove tra i confini devastanti della Sala Rossa, al cui interno i pazienti lottano per tornare alla vita che si trova al di fuori di quelle pareti, accanto ai loro famigliari.
Gli aspetti tipici della produzione documentaristica emergono anche nei film del regista: ne è un esempio Private, ambientato in una casa nella striscia di Gaza, che tratta del conflitto israeliano-palestinese . La storia narra di una famiglia “imprigionata” in casa con i soldati sul tetto a chiuderli dentro. Il padre (palestinese) propone a Costanzo l’idea di fare un film sulla loro vita. Il regista accetta, ma non avendo fondi sufficienti per girarlo in Palestina, porta attori palestinesi e israeliani in Calabria, non esplorando il luogo ma gli attori, rendendo così inesistente agli occhi del fruitore la finzione cinematografica. Ed è proprio questo aspetto che caratterizza per Costanzo il cinema.
Per immedesimarsi al meglio nel ruolo di regista, fa esercizi spirituali con Ignazio di Loyola e impara così a capire se stesso dando tridimensionalità  ai passi della Bibbia. Applica queste nuove conoscenze per la regia de Il Gesuita Perfetto, in cui il protagonista cerca di trovare la sua strada.
Imparando dagli errori del passato, ne La Solitudine dei Numeri Primi, Saverio Costanzo si mette a confronto per la prima volta con un bestseller, superando l’iniziale insicurezza con la convinzione di poter conferire aspetti concreti ai personaggi; per esempio, descrive il loro cambiamento fisico come uno specchio del cambiamento interiore delle loro attitudini.
Mette in scena gli aspetti che aveva percepito lui stesso dal libro, per cui non riceve il pieno consenso dei lettori. Introduce cambi di registro all’interno del film, che trovano un effetto quasi esasperato in Hungry Hearts. Il regista ci racconta come il film inizi come commedia romantica, dramma, poi horror, thriller e via dicendo. Costanzo mette a nudo se stesso, facendo trapelare nel film gli stati d’animo conseguenti a una separazione nella sua vita. Sua caratteristica è infatti la capacità  di immedesimarsi nei personaggi, attraverso i quali riesce a cogliere la sua stessa essenza; emerge pienamente anche ne Il Bambino Indaco. In molti dei suoi film è inoltre tangibile l’istintività  con cui vuole esprimersi.
L’incontro con Elena Ferrante si rivela fondamentale per la crescita dello sceneggiatore attraverso la realizzazione de L’Amica Geniale, in cui sintetizza tutto il percorso fatto fino ad ora. Si rispecchia nei personaggi, non rendendoli commerciali, ma descrivendoli come lui li ha percepiti.
A seguito dei numerosi progressi compiuto nell’arco della sua vita, ad oggi si definisce molto più sicuro di sé, pronto a nuove sfide.
Articolo di Alessandra Troiano ed Emanuela Caputo, Liceo Classico Vittorio Alfieri, Torino
Supertutor Matteo Sartini, Francesco Vitali e Desiree Bindini