Il tema delle disuguaglianze è al centro del dibattito sociale contemporaneo e in merito a questo scrive il professore ed economista Stefano Zamagni nel suo ultimo saggio Disuguali, presentato nell’omonima conferenza del Festival Internazionale di Ferrara.
La discussione, condotta dal giornalista ed editor Alessandro Lubello, si è aperta affrontando l’aspetto della disuguaglianza nella nostra contemporaneità. Zamagni ha sottolineato la differenza tra il concetto di disuguaglianza e quello di povertà, che spesso erroneamente si sovrappongono nell’immaginario comune. Non necessariamente infatti le disparità sociali sono legate al reddito, anche se il fattore economico incide notevolmente. La distanza che separa un gruppo sociale dall’altro è rappresentata da più indicatori, quali il genere, l’etnia o la religione. Mantenere questa distanza è negli interessi del sistema capitalista, a cui diversamente conviene diminuire la povertà assoluta: questi poveri, non potendo spendere, indeboliscono il sistema stesso ed è per questo motivo per cui in questi ultimi decenni sono drasticamente calati. Tuttavia ci troviamo davanti a gruppi sociali che, pur non essendo poveri, possiedono sempre più ristretti spazi di libertà rispetto al gruppo dominante e subiscono discriminazioni, così come l’attuale emergenza pandemica ha messo in evidenza. La mancanza di interesse rispetto alle disuguaglianze rende questo problema più urgente rispetto alla lotta alla povertà. A rendere ulteriormente impellente questa la lotta è il pericolo che la mancanza di parità sociale rappresenta per la democrazia: escludendo una parte di popolazione è più facile coltivare gli interessi della classe dominante.
Così ci troviamo davanti a un problema di tipo strutturale, che deve modificare le regole del gioco della nostra società e che non necessita di approcci paternalistici: per venirne a capo, dobbiamo cambiare le leggi e riflettere di disuguaglianza in termini di giustizia sociale. Come esempio Zamagni porta la concezione comune secondo la quale esistono delle disuguaglianze tollerabili, che dipendono dalla responsabilità individuale – ritenuta da alcuni giustificabile se si aderisce ad un’ottica neoliberista, che si basa sul principio di meritocrazia – e disuguaglianze ingiuste, che si applicano a particolari categorie discriminate per genere, razza o religione. Sul piano pratico le disuguaglianze ingiuste, che non hanno alcuna origine nella responsabilità individuale, rappresentano in media il 17,6% delle disparità, considerando 31 Paesi. È significativo osservare come questo tasso in Italia sia del 31,6%, mentre nei paesi del nord Europa sia del 9%. Questo evidenzia la difficoltà del nostro paese in ambito democratico e nello sviluppo sociale. Secondo il professore è quindi necessario rendersi conto che l’uguaglianza riguarda anche la dimensione psicologica, politica ed etnica, facendo così uscire il dibattito dalle pagine di economia: solo così il nostro Paese potrà raggiungere risultati significativi in termini di sviluppo umano integrale.
Rachele Lazzari, Gloria Anzioso – Liceo Alfieri, Torino
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