Più di 500 persone hanno seguito, ieri, l’incontro presso la sala oro del Salone del Libro di Torino con Aboubakar Soumahoro, giovane sindacalista di USB e autore di “Umanità in rivolta”.
L’evento, moderato da Nadia Terranova, ha dato la possibilità allo scrittore di esporre alcuni dei temi più caldi del suo libro. Il tema centrale è la disumanizzazione, con particolare riferimento alle parole di Primo Levi secondo cui il sistema nazista annientava l’identità umana sia in coloro che lo rappresentavano e sia in quelli che ne erano sottomessi. Da qui la riflessione sulla discriminazione del nostro Paese che non riconosce ed accetta la diversità dei soggetti. Infatti si avverte ancora un forte senso di disparità basato sul colore della pelle, sulla credenza religiosa, sulla lingua parlata, sull’area geografica di provenienza e sul ruolo occupato nella società: l’altro, il diverso da noi non vengono riconosciuti nel loro essere uomini. A tal proposito, anziché parlare di razzismo, considerato da Soumahoro come qualcosa di statico, si può parlare di razzializzazione, un processo dinamico che può ancora sperare in un cambiamento. Secondo l’autore, questo pensiero di distinzione tra etnie è dovuto alle leggi, che creano una sorta di corridoio dove la gente resta incastrata, formando così un muro di separazione tra italiani e immigrati. Oltre a questo, la causa principale del sentimento razzista è la superiorità che gli europei presuppongono di avere fin dall’inizio dell’età moderna, considerandosi per questo migliori e dunque in grado come in dovere di istruire i “diversi”. La storia che Aboubakar Soumahoro racconta nel suo libro non è solo la sua, ma è una storia comune, di tutti quelli che subiscono queste ingiustizie, di tutti quei morti invisibili che nessuno sa ancora quale sia stata la loro fine. Si tratta infatti di un’autobiografia politica, un racconto di sé per informare e aiutare chi vive nelle stesse condizioni, merito di chi ha percorso questo cammino con lui.
“L’Italia non è razzista in sé” ha affermato l’autore nell’intervista rilasciata alle ragazze del BookBlog, ma ha sottolineato quanto sia importante che ciascuno faccia la propria parte per arginare queste situazioni. Vogliamo tutti indistintamente vivere e allo stesso tempo essere felici, perciò è doveroso che i diritti
dell’uomo siano rispettati per tutti, altrimenti diventerebbero privilegi, che non è ciò che sostiene la nostra
Costituzione. Non è certamente piacevole per una persona fuggire dal proprio Paese per motivi di guerra o perché la sua vita è in pericolo, ma è particolare questa distinzione che siamo soliti fare tra chi fugge dal nostro Paese e tra chi vi arriva. Nel primo caso si parla di “fuga di cervelli”, nel secondo di immigrati, ma in realtà la categoria è una sola: migranti. Soumahoro ha concluso l’incontro sperando che si possa arrivare a una felicità che accomuni tutti gli uomini, senza differenze garantendo loro la libertà e l’equità dei diritti, in una società che oramai è di composizione “meticcia”.
Beatrice Manicone e Gaia Vianello
Liceo Grigoletti di Pordenone
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