Roberto Baggio, figura polivalente, emblematica, l’ultimo campione romantico per alcuni, un sopravvalutato per altri; per tutti sicuramente l’apparizione Italia ’90, il calciatore che sfila tra i giocatori della Cecoslovacchia da vincente. Colpì persino Madonna, che il giorno dopo i Mondiali salì sul palco con il numero 15 sulla schiena.

Personaggio di grande impatto, ricordato per aver dato del matto a Sacchi in mondovisione e anche come quello con le mani sui fianchi e la testa bassa mentre i giocatori del Brasile, nella celebre fotografia, esultano alle sue spalle dopo che il suo calcio di rigore a Pasadina è volato altissimo sopra la traversa.

La storia di questo calciatore viene raccontata nel romanzo Avevo solo un pensiero di Stefano Piri, lo stesso ospite di uno degli appuntamenti del salone di oggi.

La vita di Baggio inizia a Caldogno in Veneto negli anni Sessanta, dove si fa notare subito come un ragazzino dal gran potenziale e per questo già all’età di 12 anni viene seguito da osservatori di tutta Italia. Ha un solo pensiero: prendere la palla e andare a segnare in porta, non ha bisogno di passare il pallone, perde il conto dei goal.

La carriera sembrava dover avere una sola traiettoria, ma così non fu: nell’ultima partita prima di esordire in serie A un infortunio al ginocchio cambiò le carte in tavola. Nulla di più facile come prima, tutto divenne difficile, la carriera tortuosa, ogni suo successo fu il risultato di un compromesso con la fatica, con l’incomprensione, con il dolore: metafora significativa, come spiega lo stesso Piri, sul diventare adulti.

Andreea Quaglia, Marta Atzei, Liceo Alfieri di Torino