Venerdì 14 maggio al liceo scientifico Majorana di Torino, è stato ospitato Antonio Dikele Distefano, autore dei due libri Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti? e Prima o poi ci abbracceremo.
Antonio è nato a Busto Arsizio il 25 Maggio 1992 da genitori angolani; è cresciuto a Ravenna coltivando la passione per la musica insieme con quella per la scrittura. In campo musicale è conosciuto come Nashy e fa parte del duo Primavera Araba, nel quale scrive testi e canta. Questo soprannome è nato quando lui era ragazzo e andava di moda il wrestling; negli anni ha deciso di utilizzarlo sia in ambito musicale che come nome del profilo Facebook (che, però, ha dovuto poi cambiare con il suo vero nome dopo l’uscita del libro, per farsi riconoscere).
Il primo libro è la diretta conseguenza di una delusione d’amore vissuta in prima persona dall’autore e lo descrive infatti come un errore dovuto alla rabbia e alla frustrazione: dopo mesi di fidanzamento, i genitori di lei ostacolano la relazione a causa del colore della pelle del ragazzo. La madre della sua fidanzata, in particolare, durante una telefonata, gli intima di lasciare la figlia; subito dopo, data la passione che dice di avere, lo sfida a scrivere un libro.
Il ragazzo comincia, così, a scrivere Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti? sul suo cellulare, pubblicandolo inizialmente su una piattaforma web. Grazie ai tanti download effettuati dal pubblico, la casa editrice Mondadori decide di pubblicarlo con un edizione cartacea.
La curiosa particolarità di questo racconto è che l’autore dichiara di essersi servito di alcune canzoni per riuscire a scrivere il libro, soprattutto per ricordarsi in che punto aveva lasciato la storia la sera prima; per la divisione del libro in capitoli ha fatto riferimento proprio ai titoli di queste canzoni!
Il secondo libro nasce, invece, in seguito ad un’innocente domanda posta ad Antonio da parte di sua sorella: secondo te, tutte le coppie che stanno insieme si amano? L’autore comprende che il poter scrivere un secondo libro, che tratti proprio dell’interrogativo sollevato dalla sorella, rappresenta una buona opportunità per migliorare le proprie abilità di scrittore. Prima o poi ci abbracceremo è la storia del mancato coraggio di una coppia di ragazzi, i quali, dopo essere stati a lungo insieme, non si amano più ma hanno paura di lasciarsi. E’ anche la storia, in parallelo, dei genitori del ragazzo, che, pur non amandosi più e soffrendo molto, si nascondo dietro alla convinzione che rimanendo uniti faranno il bene del figlio.
Trattando di un tema molto sentito, questo secondo racconto si presta senz’altro a una maggiore immedesimazione da parte dei lettori: probabilmente è proprio per questo motivo che il libro ha riscosso un maggiore successo del precedente e l’autore se ne dichiara piacevolmente orgoglio.
Durante l’incontro, oltre a presentare le sue due opere, Antonio si è aperto al dialogo. Quando gli è stato chiesto di dare una definizione di razzismo, ha risposto dicendo che, a suo parere, è quel fenomeno secondo cui nessuno è libero di vivere come vuole, collegandosi alla sua esperienza personale: infatti, pur essendo nato e cresciuto in Italia, talvolta succede che non venga accettato come parte di questo Paese. Secondo lui, l’Italia non è un paese propriamente razzista, bensì, piuttosto, “classista”: non si tiene in considerazione tanto il colore della pelle quanto, più verosimilmente, la condizione sociale.
Ad una domanda sul tema del bullismo, invece, ha replicato che, a suo avviso, “bullo” è colui che, non sapendosi relazionare e volendo (avendone disperato bisogno) stare al centro dell’attenzione, nasconde se stesso dietro alla violenza, fisica e psicologica.
Parlando della possibilità di uscita di un terzo libro, invece, Antonio ha risposto dicendo che gli piacerebbe pubblicarne un altro, ma che prima è intenzionato a viaggiare per un po’.
A conclusione della mattinata, Antonio ha lasciato spazio a dediche e foto assieme ai ragazzi del Majorana; prima di andarsene, infine, ha raccomandato ai presenti di scrivere sempre, ma scrivere sempre per se stessi, non per gli altri. Perché se si deve scrive per fare un piacere agli altri, allora è molto meglio evitare di prendere una penna in mano.
Giulia Botta ed Erica Pugliese, Liceo E. Majorana, Torino
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