Spesso insegnanti e genitori si lamentano perché i ragazzi non leggono, magari preferiscono spendere il loro tempo con videogiochi, e non si riesce a dare una spiegazione. Alessandro D’Avenia ci prova, dando parte della colpa a mamme e papà e dicendo loro: “le favole, quando erano piccoli, le leggevate?”. L’autore, ormai affermatissimo, venerdì sera a Pordenonelegge, durante la presentazione del suo libro “Ciò che inferno non è”, più volte ha ribadito l’importanza che hanno le favole nella crescita di un bambino, spiegando come ci ricordano la dignità e distillano l’essenza vera della vita. Evidentemente i genitori che leggono ai propri figli devono essere parecchi vista la presenza di tantissimi giovani, molti in piedi ed arrivati anche da lontano, per sentire il loro autore preferito spiegare, un po’ come fa ogni giorno con i suoi alunni. Lo scrittore coinvolge tutti, simpatia ed empatia in un mix perfetto in grado di far scoppiare più di qualche applauso.

Tante volte si pensa che ascoltare conferenze e incontri per i più giovani sia veramente noioso, ma ciò che colpisce in questi casi sono i volti attenti, gli occhi accesi che sembrano dire:“Sta parlando di me, questo sono proprio io!”. E’ questa la capacità più grande dell’ autore, il conoscere ciò che tutti noi prima o poi nella vita proviamo. In fondo, chi non è mai stato a suola, piuttosto che innamorato o deluso, magari da genitori o amici? La bravura di questi scrittori sta proprio nello spronare noi lettori a scoprirci, ad ammettere ciò che siamo e, molto spesso, a farci pensare di non essere gli unici in una certa situazione.

Non è cosa da poco neppure secondo D’Avenia che spiega come il primo giorno alle scuole superiori sia davvero tragico, i ragazzi pieni di paura entrano in aula e dopo l’appello si sentono dire che già si comincia male perché la classe è “sovraffollata”, l’anno sarà duro, i programmi vasti. Proprio qui l’autore decide di introdurre una piccola critica alle nuove riforme tanto discusse sulla scuola esordendo:”fare l’appello guardando negli occhi i propri ragazzi e sorridendo, questa è la Buona Scuola”.

L’incontro doveva riguardare la presentazione del suo ultimo libro, ma ha spiegato come secondo lui certe storie siano scritte per essere lette e non per parlarne, anche se qualche accenno alla trama è stato fatto. Più volte don Pino Puglisi, insegnante di Alessandro, è stato protagonista della conferenza, modello seguito sempre dall’autore e ispirazione per il romanzo. La vita di quest’uomo, ucciso dalla mafia, ma felice e realizzato di aver sempre portato i giovani con sè, cercando di strappare a Cosa Nostra il futuro, è stata la scintilla per scrivere su di lui.

E arrivate le 20.00 il suono della campana del campanile San Giorgio rompe un po’ quell’atmosfera di attenzione che si era creata ormai da un’ora. D’Avenia, prendendola con simpatia e come occasione per chiudere l’incontro, la paragona alla campanella che ogni ora a scuola segna il cambio di materia. Ci dedica altri cinque minuti leggendoci una pagina del suo libro, quella che per lui è stata la motivazione più grande per scriverlo. Le parole sono forti, toccano molto e tanti occhi lucidi si vedono tra i presenti, segno che la scrittura è e resterà per sempre un mezzo efficientissimo per aprirci ad un mondo inaspettato di emozioni.

Negli applausi più sentiti e in una fila lunghissima di giovani che chiedono un autografo si chiude l’incontro che, senza dubbio, avrà lasciato un segno e un ricordo importante in tutti noi.

Alberto Maluta

Liceo scientifico M. Grigoletti, Pordenone