Vita dopo la morte: di storie che ne parlano ce ne sono a bizzeffe, ma nessuna che accenni dell’aldilà degli animali.
Il romanzo “Il giardino dei musi eterni”, di Bruno Tognolini (Salani), tratta proprio di questa tematica. Ma perché è intitolato così? Lo scrittore lo ha spiegato oggi al Salone del Libro di Torino, in una sala affollata di adolescenti: nel giardino esistono realtà che non ci sono da nessun’altra parte; nel giardino non ci si perde, non c’è bisogno di maschere.
“Musi eterni” perché si parla appunto di amore per animali. Perché quando muore un animale, non ci si può abbandonare al dolore? Perché veniamo considerati imbarazzanti se piangiamo? Forse perché alcuni pensano che un animale non si possano amare come una persona. Di giorno la società ci condiziona, ma durante la notte le storie, i racconti e i sogni rendono meno marcate queste convinzioni. Il confine fra animali e umani, così come quello fra la vita e la morte, talvolta non è così netto.
Tognolini, abituato a scrivere poesie e filastrocche, si lancia per la terza volta nel genere del romanzo, sviluppando una storia che aveva immaginato già dieci anni fa; in questo giallo che parla di eternità, animali amore e confini, i protagonisti sono “animan”: anime di animali morti di ogni razza e specie. Ginger, una gattina, si risveglia una sera e voltandosi nota dietro di sé una lapide con sopra il suo nome; davanti a lei molti animali di svariate razze e specie corrono, si scambiano corpi, parlano, vivono: comincia così un’avventura ambientata in un fiorito cimitero per animali.
Questo libro è scritto in prosa, ma mantiene una musicalità ed un ritmo simili a quelli di una poesia: le frasi sono scritte in modo da ricordare il suono di strumenti, rime e musica.
Per chiudere l’incontro Tognolini ha recitato alcune sue poesie che hanno coinvolto il pubblico e suscitato emozioni speciali che hanno reso indimenticabile questo momento.
Ecco l’intervista realizzata in redazione.
Lorenzo Presta, S.M.S. Caduti di Cefalonia
Sara De Mola, tutor Fuorilegge
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