Oggi all’oratorio San Filippo Neri, in occasione della XIII edizione di Portici di Carta, Fabio Geda ha presentato il suo nuovo romanzo, Una domenica (Einaudi). La presentazione si è svolta come dialogo tra l’autore e le rappresentanti di quattro circoli di lettura della provincia di Torino (Settimo Torinese, Torino, Moncalieri e Nichelino). L’autore ha iniziato l’incontro raccontando al pubblico come sia nata l’idea che sta alla base di questo romanzo. Dopo una conferenza tenutasi a Helsinki era stato avvicinato da un’anziana signora italiana, vedova, che si trovava lí per far visita alla figlia. Questa gli ha raccontato di come, un paio di volte l’anno, salti su un aereo per andare a trovare alternativamente la figlia o il figlio, in Sudafrica. Prosegue rivelando a Geda quanto si senta sola la maggior parte dell’anno, una volta caduto il suo sogno di passare la vecchiaia con i figli accanto. Ed è soprattutto la domenica, racconta lei, che la solitudine si fa sentire più lancinante del solito: ecco come nasce Una domenica, fin dal titolo.
L’autore ha proseguito raccontando brevemente la trama del romanzo. A Torino, sul Lungo Po Antonelli, un uomo di 67 anni sta aspettando la figlia e la sua famiglia dopo aver preparato il pranzo per loro. Purtroppo la sua nipotina avrà un piccolo incidente: non potranno perciò partire dalla campagna in cui vivono per raggiungere Torino. Ecco la causa scatenante degli eventi della giornata. E lui, per sfuggire alla noia della domenica passata da solo esce, e incontra nei dintorni di casa sua altre due persone nella sua stessa situazione di solitudine. Con loro si fermerà per il resto del pomeriggio.
Grazie alle domande delle rappresentanti dei circoli letterari sono stati presentati all’autore una serie di interessanti spunti di riflessione. Così, Geda ha chiarito subito che non si tratta di una storia “eccezionale”, ma racconta di aver voluto fissare su carta delle situazioni completamente ordinarie, quotidiane. Inoltre, si è soffermato a riflettere su come siano differenti le solitudini dei personaggi: un uomo anziano che incontra una giovane donna sola con un figlio a carico. Due situazioni discordanti e dissimili, ed è proprio da questo contrasto che nasce la bellezza del romanzo.
Geda ha fatto poi una confidenza curiosa ai suoi spettatori: non menziona mai, nel romanzo, il nome del protagonista, ma senza una ragione: solo per una dimenticanza.
In seguito sono state fatte alcune osservazioni sullo stile dell’autore: più asciutto e pulito rispetto agli altri suoi romanzi. Geda spiega che in questo libro ha tentato di impiegare una lingua più efficace, e ha provato a utilizzare meno parole e pagine possibili per veicolare un messaggio del maggior peso possibile. È riuscito nell’impresa, come concordano le sue interlocutrici
È emerso infine che il punto focale del romanzo è sì il rapporto genitori-figli, però visto in un modo diverso dal solito. Geda ha deciso di descrivere in questo libro il momento in cui il rapporto si sbilancia e si capovolge: non sono più i genitori ad accudire i figli. Sono questi ultimi che si rendono conto di “saperne di più” dei genitori: padri e madri, invecchiando, cominciano man mano a essere sempre più lontani dal presente, e mentre i figli si immergono nella dimensione culturale corrente, i genitori ne escono.
L’incontro si è concluso con la lettura dell’incipit, che sicuramente avrà spinto all’acquisto del romanzo molte persone, se non avesse già ottenuto questo risultato l’interessante presentazione.
Jacopo Cardinale, Roberta Peiretti
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