L’incontro con Emma Dante, drammaturga e regista palermitana è stato introdotto da Valeria Parrella e si è tenuto nel teatro La Vicaria di Palermo, sede della compagnia teatrale Sud Costa Occidentale da lei fondata. Emma Dante ha trattato un argomento piuttosto spinoso, famiglia e partenogenesi: la famiglia è stata presentata sia come luogo protettivo, come “stalla”,  sia come “scannatoio” e fonte di incomprensioni, di sguardi che uccidono. 

Ciò che ha suggerito agli organizzatori di Vita Nova di affidare alla Dante questo tema è stata la sua  trasposizione cinematografica dell’opera teatrale “Le sorelle Macaluso”. La storia descrive le vicende di una comunità di sorelle, che vivono senza i genitori in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo e che autodeterminano le loro gerarchie familiari: la più grande di queste assume il ruolo di padre e la secondogenita quello della madre. In tutto ciò, la casa non è un oggetto inanimato, bensì quasi un’ulteriore sorella: Emma Dante interpreta le stanze e i corridoi rispettivamente come organi e vene del corpo umano. L’autrice ha ripreso dunque alcune considerazioni sull’ambiguità del ruolo che ricopre la famiglia e delle sue dinamiche spesso distorte, come quelle che vedono uomini rimanere anche fino ad un’età avanzata tra le mura domestiche ed evidenziando quanto sia innaturale tutto questo.

La Dante ha poi trattato il secondo opposto della conferenza, la partenogenesi, attraverso la sua interpretazione del mito di Medea. Qui si presenta una sorta di inversione dei ruoli:  Medea assume caratteristiche solitamente collegate ad atteggiamenti maschili e Giasone tipici delle donne. Il lamentarsi di Medea, che critica Giasone per non aver ricevuto alcuna richiesta dall’uomo per risposarsi con un’altra donna, esce dallo schema tradizionale esattamente come la risposta dell’uomo, che afferma come le donne siano contente solo finché non sorgono problemi, ma alla prima difficoltà voltano le spalle. Un altro elemento insolito è il desiderio di Giasone della partenogenesi maschile, insolito in quanto in natura gli unici casi attestati di questo tipo di riproduzione tra gli animali sono femminili. Questa richiesta può essere giudicata politicamente scorretta ed è ciò che l’autrice spera di ottenere: l’indignazione o un qualunque stimolo utile per la riflessione, riprendendo quindi la visione aristotelica di un teatro avente funzione catartica. Terminando l’incontro e per rafforzare quanto per lei sia importante suscitare scalpore racconta anche della trama di una commedia, “Le pulle”, messa in scena dalla sua compagnia e il cui titolo è un termine dialettale palermitano per indicare volgarmente la professione di meretrici. In questa commedia vengono scardinati tutti i principi e valori morali, tanto che la Dante stessa la definisce un’opera amorale, in cui gli uomini si travestono da donne e le donne da fate, queste ultime portando però con sé dei falli di gomma.

L’indignazione e il politicamente scorretto come chiave per riguardare agli opposti famiglia-partenogenesi, uomo-donna alla ricerca di una mediazione (forse) impossibile.

Pietro Fiocchi, Andrea Vizzotto

Liceo Alfieri,Torino