Oggi nella sala Atlantide al Salone Internazionale del libro, Pietro Albì ha presentato il suo primo romanzo: “Farfariel, la storia di Micù” (Uovonero). Pietro Albì è stato uno sceneggiatore per diversi anni, tuttavia nelle sceneggiature non poteva dare molto spazio alla sua immaginazione, cosa che si può fare meglio nei romanzi. Per la vicenda di Micù l’autore si è ispirato alla storia di suo padre.
Il libro è ambientato nel 1938. Micù vive a Canzano, un paesino abruzzese di pochi abitanti in cui tutti si conoscono. Siamo durante il regime fascista e, secondo il programma militare, Micù è un balilla, poiché ha 10 anni, e ogni sabato deve partecipare alle adunate fasciste. A causa della poliomielite, zoppica e prova stanchezza continua. per questo e per la sua bassa statura, viene preso in giro dai suoi compagni di classe. Nonostante tutto non si perde d’ animo e continua ad aiutare il nonno Tatà che sta cercando un presunto tesoro. Nella vita di Micù entra Farfariel , un diavolo dispettoso, che a volte dà buoni consigli a Micù, come ad esempio superare la proprie paure, altre volte invece no.
Durante il suo incontro Albì ha dato molti suggerimenti ai ragazzi presenti: per esempio non bisogna mai mollare, ma credere nelle proprie passioni come Micù che voleva studiare nonostante il padre non fosse convinto. Non mollare mai è stato d’aiuto anche all’autore che, quando ha cambiato professione, ha dovuto dimostrare di essere un bravo scrittore. Infatti come ha ricordato: “Nessuno mai da subito vi dirà che siete molto bravi a fare un mestiere, piuttosto vi metterà alla prova!”
Anita Mosso e Gabriele Dormelandi,
scuola media Peyron Redazione Fuorilegge
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