Jaha Dukureh: la forza di una donna che è riuscita a cambiare la tradizione.
Jaha viene dal Gambia, paese in cui è diffusa da sempre la pratica della mutilazione genitale femminile, brutale azione che viene praticata tutti i giorni su 6000 bambine provenienti da Africa e Medio Oriente . 200 milioni sono le donne che ne vivono le conseguenze e la protagonista del film è tra queste. Infatti a pochi giorni dalla sua nascita le è stata praticata l’infibulazione di terzo tipo: rimozione completa del clitoride e delle piccole labbra insieme alla superficie interna delle grandi labbra . Provate ad immaginare il dolore che una piccola creatura indifesa possa provare. Ovviamente, non ci sarà alcun ricordo della pratica in se, ma già dal primo rapporto sessuale si manifesterà un forte dolore che comprometterà l’intera vita sessuale di queste bambine e le segnerà per sempre a livello psicologico.
Ma perché questa pratica? E’ una tradizione in Gambia e le tradizioni sono difficili, se non impossibili, da sradicare, ancora più se si tratta di usanze religiose. E’ opinione diffusa che questa pratica venga imposta dal Corano o faciliti il parto e migliori l’igiene. Alle donne gambiane fino a qualche decennio fa non era permesso ricevere un’istruzione e per questo la disinformazione e l’ignoranza segna il loro modo di pensare ed agire. Questa pratica viene utilizzata per consentire agli uomini di provare più piacere e per tenere la donna “tranquilla”, per diminuire il suo desiderio sessuale. A nessuno importa il dolore fisico e psicologico che provano. Finché non sono gli uomini a cambiare idea sulla pratica, questa non cesserà di esistere.
Il film racconta la storia di Jaha Dukureh, attivista impegnata nella lotta contro la poligamia, il matrimonio infantile e combinato e la FGM (female genital mutilation). Tutto è iniziato quando all’età di 15 anni, dopo un matrimonio combinato con un uomo molto più grande di lei, si rende conto di aver subito l’infibulazione. Per riuscire ad avere il primo rapporto sessuale sarà costretta a farsi scucire. Dopo una prima ribellione riesce a convincere il padre a organizzare un secondo matrimonio per sfuggire dalle sofferenze del primo. Trasferitasi ad Atlanta si risposa e diventa madre di tre figli di cui una femmina. Mai e poi mai permetterà che a sua figlia venga inflitta la stessa tortura e come lei nessun’altra bambina dovrà subirla.
Con determinazione Dukureh è riuscita a sensibilizzare gli Stati Uniti attraverso una petizione online fino ad arrivare ai vertici politici. E’ fondatrice e direttrice di “Safe Hands per le ragazze”, un’organizzazione che lavora per mettere fine alla FGM. Dopo la visita e l’appoggio delle Nazioni Unite e del giornale “The Guardian”, la sfida più dura è stata affrontare la sua famiglia ed il suo popolo. Tornata in Gambia grazie all’aiuto del marito, delle varie testate giornalistiche e istituzionali e del governo gambiano ha creato una campagna che lotta contro la pratica nel Paese. Il principale ostacolo è stato l’Imam Fatty, uomo più influente del territorio. E’ fondamentale spiegare alla popolazione che la pratica non è di matrice religiosa e non è obbligatoria.
Tutti gli sforzi e i sacrifici di questa esemplare donna sono stati ripagati quando alla nascita dell’ultima sorella convince il padre, Imam della comunità, a non praticare l’incisione. La vera vittoria arriva quando il governo proclama il divieto di praticare la FGM nel paese, liberando le future generazioni di bambine dalla sofferenza forzata.
Il coraggio, la determinazione, la forza d’animo e la tenacia di questa donna hanno cambiato storia. Le sue azioni ci portano a riflettere e a pensare che c’è ancora tanta strada da compiere per liberare il mondo dalle sofferenze. Ora è impegnata insieme agli attivisti di tutto il globo ad estendere il progetto a tutti i paesi in cui la pratica è ancora in vigore.
Jaha è stata inserita tra le 100 persone più influenti al mondo e c’è chi pensa che fosse predestinata.
“There is such a culture of silence about FGM. If you stand up and say:” this happened to me”, people will scrutinize you, but someone have to stand up and say: “This can’t go on happening”. – Jara Dukureh.
Giorgia Scarrone, Liceo “V. Alfieri”
Claudia Felloni, Liceo “L. Ariosto”
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