Attesa da centinaia di persone davanti alla Sala Azzurra del Salone Internazionale del Libro, il Premio Nobel per la Pace 2003 Shirin Ebadi ha oggi presentato il suo ultimo libro “Finché non saremo liberi” (Bompiani), che fornisce un importante spunto di riflessione sul delicato tema dei diritti umani in Iran, in particolare modo della condizione femminile. Avvocato, giurista, attivista e testimone in prima persona degli effetti della Rivoluzione Islamica del 1979, a seguito della quale Shirin perde la facoltà di esercitare la sua professione e, occupandosi con assiduità di un caso giuridico terminato con la pena di morte per una sedicenne che ha avuto rapporti sessuali prima del matrimonio, riceve pesanti minacce ed è costretta all’esilio, seppur volontario, in pericolo di arresto a causa di un’accusa di frode fiscale.
Accompagnata da Concita de Gregorio e da Piero Fassino, sindaco della città di Torino, ci racconta della sua lotta continua come paladina dei diritti umani e di come non si sia arresa pur ritrovandosi a perdere tutto a 63 anni: il suo lavoro, tutti i suoi beni ed i contatti con la sua famiglia.
“Non bisogna farsi scoraggiare dai primi insuccessi. Il fallimento e le perdite esistono per tutti, non bisogna permettere che vincano.”
Per questo motivo, Shirin, oggi, ha accesso alla stampa mondiale attraverso la quale testimonia senza tregua la sofferenza degli iraniani chiusi in quella che definisce “una delle più grandi prigioni del mondo”, nella speranza di un futuro diverso e di una visione nuova della società iraniana, storpiata dal regime dittatoriale di Rouhani che, come lei stessa afferma, “mostra il sorriso agli europei ed il coltello agli iraniani”. Ebadi ci pone un quesito, facendoci riflettere sul fatto che gli italiani, in occasione della visita del Presidente iraniano a Roma, abbiano coperto i nudi dei Musei Capitolini per non urtare la sua sensibilità e come segno di rispetto, mentre le donne europee in visita nei paesi arabi sono costrette a coprirsi il capo; è questo il modo di ricambiare il nostro rispetto?
Ci spiega che l’Europa deve considerare il consistente flusso migratorio verificatosi negli ultimi anni come una promettente fonte di crescita ed arricchimento, ma che deve rendersi conto, allo stesso tempo, del fatto che, se ignorata, potrebbe diventare una seria minaccia a livello terroristico. Parlando di terrorismo, Shirin manda dei forti messaggi nei quali sostiene che si abusi della figura di Dio e della religione e che non siano i reali focolai di nessun movimento terroristico; l’ignoranza, l’estraniazione dal resto del mondo e l’oppressione ideologica sono le vere ragioni della nascita di qualsivoglia movimento di matrice terroristica.
“Ecco perché io dico che, sulla testa di Daesh, anziché bombe, bisogna scaricare libri. L’isis è un’ideologia sbagliata, che va combattuta con una giusta ideologia. Uccidere soltanto non risolve niente: tra cinquant’anni saremo seduti qua a parlare di nuovi gruppi terroristici che staranno mettendo il mondo a ferro e fuoco. Non ripetete queste esperienze fallite”.
Valentina Trovato, Chiara Tarulli & Francesca Romualdi
Liceo Classico Vittorio Alfieri
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