Inizialmente il titolo del nuovo libro di Gianrico Carofiglio ci lascia perplessi. “Della gentilezza e del coraggio” è un saggio che analizza l’utilizzo delle parole nel dibattito, un manuale di istruzioni per riconoscere le tecniche di comunicazione, talvolta manipolatorie, di cui in politica viene fatto largo uso. Come si conciliano due termini così rassicuranti con l’obiettivo di insegnarci a gestire in modo deciso ma non distruttivo un confronto politico? L’autore tiene a specificare questo concetto: la gentilezza, per come viene intesa nel libro, non ha il significato di mitezza né di cortesia, ma è un comportamento che si concretizza una volta raggiunta la consapevolezza che il conflitto è inevitabile. Non è facile affrontare un confronto senza cadere nell’errore di disprezzare e tentare di confutare impulsivamente la tesi opposta: serve un coraggio che non sempre abbiamo, il coraggio di non cedere alla violenza fisica e verbale.
Le modalità di manipolazione di cui potremmo cadere vittime sono varie e spesso di grande impatto. Il manipolatore, seguendo una metafora proposta da Carofiglio, è come un baro nel gioco delle carte: arrivati al tavolo l’unica nostra difesa valida è smascherare il trucco, mostrare la carta che esce dalla manica del giocatore disonesto. Le fallacie in politica rappresentano un pericolo considerevole, al momento dello scontro con la realtà perdono autorevolezza e risultano dannose.
Una volta riconosciuta una menzogna come tale, però, ci si trova davanti ad un altro problema. Come ci si contrappone ad una bugia che sembra vera? Una reazione valida ed efficace è rivendicare un’intelligenza critica, ad esempio attraverso la cosiddetta “tecnica del sandwich”, ovvero dichiarare le informazioni corrette, fornire prove per cui l’affermazione opposta è inesatta e ripetere infine la versione veritiera.
L’invidia sociale, piaga dilagante nella società attuale, ci spinge inevitabilmente a trovare un capro espiatorio, una liberazione dal dovere di capire incoraggiata dalla propaganda populista. I dati che emergono da una recente inchieste sono preoccupanti: sempre più numerosi sono i giovani non in grado di seguire un’argomentazione complessa. Come sanare il problema? Secondo l’autore l’indisponibilità delle élite culturale a coinvolgere un maggior numero di persone aumenta il discrimine fra diversi livelli di istruzione. Cita don Milani: “L’operaio conosce cento parole, il padrone mille. Per questo è lui il padrone”.
Un altro strumento che Carofiglio propone come fondamentale è l’autoironia, l’umorismo in quanto capacità di uscire dalla trappola del proprio ego e vedere il ridicolo che c’è in noi stessi riconoscendo le proprie mancanze e debolezze.
Tre sono generalmente i comportamenti che l’uomo tende ad assumere nell’approcciarsi ad un discorso: dire molto male la verità, dire benissimo le bugie e dire bene la verità. La terza alternativa è la strada incoraggiata dall’autore poiché nella politica etica abbiamo il dovere di unire emozione e verità. Il breviario fornitoci da Gianrico Carofiglio ricorda che la comunicazione è un aspetto fondamentale della politica e va studiata con la consapevolezza che un concetto non esiste se non troviamo le parole per esprimerlo.

Matteo Del Col e Valentina Nachira, Liceo scientifico M. Grigoletti, Pordenone