Sentendo questo nome, Giuseppe Pontiggia, a pochi verrà in mente il grande scrittore e aforista, il vincitore di diversi premi letterari, uno dei primi in Italia che capì l’importanza dell’insegnamento della scrittura creativa. Perché? Perché non è un autore facile, “di moda” in questa generazione, né in quella precedente. O forse perché nei suoi libri è come se lasciasse ancora qualcosa a cui pensare, per “dialogare” con il lettore, senza “informarlo”. In modo che quella insolita conversazione lasci qualcosa, qualcosa che aiuti a comprendere la ricchezza della vita nelle sue molteplici sfumature, partendo da una disposizione particolare di due parole.
A dieci anni dalla sua morte lo presentano in un incontro particolare e affascinante Martino Gozzi, il direttore della didattica della scuola Holden, Ernesto Ferrero, il direttore del Salone Internazionale del Libro e Daniela Marcheschi, critica letteraria e scrittrice.
Attraverso un’analisi più profonda del significato che attribuiamo a ogni parola e a come interpretiamo ciò che ci viene detto, i tre ci hanno “mostrato” il modo in cui questo eccezionale scrittore viveva la letteratura e sopratutto la parola in sé: uno strumento per capire il mondo e a volte cambiarlo, come una verità che non sappiamo di sapere in questi anni in cui il linguaggio si sta degradando, in cui l’intonazione non vale più nulla.
Fra le pagine scritte a caratteri fortemente autobiografici del suo libro più toccante, Nati due volte, Giuseppe Pontiggia affronta uno dei temi che più gli sta a cuore, l’handicap, che lo ha coinvolto da vicino alla nascita del figlio Andrea. Ha scritto questo libro non cercando di consolarsi, come ha specificato Daniela Marcheschi, ma per accettare la realtà, cercando di comunicare la sua oscillazione fra rifiuto e accettazione dell’handicap e di mostrare la verità senza retorica. Proprio in questo è racchiusa tutta la sua sensibilità: Pontiggia è riuscito a fare del dolore e della durezza della vita un motivo di grandissima crescita, nella costante ricerca di una maturazione come uomo e scrittore.
Sara De Mola , Liceo Galileo Ferraris
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