Nella quotidianità adolescenziale, i mezzi più potenti per rimanere al passo con la frenesia di questa moderna civiltà sono i social network. Queste community, se usate “correttamente”, ci permettono di mantenere contatti con moltissime persone contemporaneamente, di essere informati su qualsiasi cosa e su chiunque. Assomigliano a grandi agende virtuali su cui affluiscono autonomamente tutti gli inviti, tutte le scadenze, tutte le proposte e tutti gli obblighi che incombono sulla nostra vita: insomma ci aiutano a ricordare tutto ciò che ci rende parte integrante di questo sistema. La possibilità di non perdere mai un solo frammento di quello che ci capita intorno, insieme alla facilità con cui si può comunicare con persone che si trovano dall’altra parte del mondo ci permettono in un certo senso di essere dovunque, in qualsiasi momento e con chiunque (ammesso e non concesso che quelli virtuali siano a tutti gli effetti rapporti umani). Se da una parte questo può sembrare estremamente moderno e in qualche modo rincuorante, se ci fa sentire più al sicuro perché ci dà la sensazione di avere pienamente sotto controllo la nostra vita, dall’altra parte ci distoglie totalmente dal nostro oggi, dal nostro presente. Per cominciare, tutto il tempo che perdiamo davanti al PC per leggere le notifiche di Facebook, accettare, ignorare o inviare richieste d’amicizia e quant’altro, ci estrania dalla realtà, precludendoci momenti di vita. Se invece di gestire la nostra vita da dietro un computer come se fossimo la nostra segretaria personale, uscissimo di casa e prendessimo in mano le redini della nostra esistenza rapportandoci fisicamente con le persone con cui volenti o nolenti abbiamo a che fare ogni giorno, non sarebbe un enorme guadagno? La dimensione del qui e ora sta progressivamente uscendo dalle nostre menti nonostante ci siano un’infinità di citazioni più o meno auliche che ci invitano a godere degli attimi più fugaci dei nostri giorni: ciò che ci interessa davvero e a cui stiamo dando la precedenza è la presenza massiccia che riusciamo ad assicurarci su una piattaforma virtuale dalla quale controllare non solo gli altri, ma anche noi stessi. Forse abbiamo troppa paura. Siamo consapevoli, molto spesso a nostre spese, di quanto i rapporti umani siano pericolosi e richiedano impegno e fatica: da dietro uno schermo niente ci può fare soffrire. O per lo meno è molto diverso leggere le parole di una persona in chat e sentire quanto male fanno avendo davanti agli occhi il nostro interlocutore: il coinvolgimento emotivo non è paragonabile. Se fissiamo la nostra identità tra le informazioni personali di Facebook siamo sicuri che, a meno che non interveniamo noi stessi, niente e nessuno potrà cambiarle, intaccarne l’autenticità. In questo modo però, non saranno in contatto diretto con la realtà, non si evolveranno più. È vero che mettersi sempre in discussione costa molto perché spesso ci si abbandona e raramente ci si ritrova, ma è solo così che si cambia, che ci si rivede e che ci si conosce davvero. Qui e ora: non in un altro luogo, non in un altro tempo.

Irina Aguiari

Progetto “Galeotto Fu Il Libro”

Liceo Classico “L. Ariosto”, Ferrara