Se guardi le dita di un uomo afghano, troverai delle cicatrici: tracce delle parole che hanno animato la sua vita. A provocarle sono stati i fili degli aquiloni che, da bambino, faceva volare nel cielo, e la lama con cui affilava i calami che usava per dare forma ai suoi pensieri.
Forme: ecco il tema principale dell’ultima pubblicazione di Atiq Rahimi, Grammatica di un esilio,originariamente intitolata La Ballade du Calame, considerata una meditazione lirica dell’autore. Tradotta in italiano da Ester Borgese ed edita da BEE, è stata presentata la sera del 13 Marzo all’ex convento di S. Francesco, a Pordenone, in occasione di Dedica Festival e verrà messa in scena il 15 Marzo dallo stesso Rahimi e da sua figlia.
Sfogliando il libro, pare evidente la contrapposizione tra calligrafia e callimorfia, tra sacralità delle lettere e carnalità dei segni. Significante senza significato.
Forse è proprio l’incompiutezza di un’opera, data dal puro gesto callimorfico, libero da ogni fine e scopo, a renderla grande. Così afferma l’autore che, in quanto esule, ha lasciato parte di sé nel suo Paese natio convivendo con un perenne stato di mancanza,che però gli ha permesso di raggiungere la grandezza.
Per la sua capacità di armonizzare due culture e due lingue, il premio “una vita per la scrittura” gli è stato consegnato da Chiara Mio, presidente della banca Crédit Agricole Friuladria.
Un autore enigmatico che attraverso le parole ricerca una terra perduta.
Federica Costalonga, Francesca D’Amelio, Alessandro Pagotto, Futura Paladino, liceo M. Grigoletti
Nessun commento
Non ci sono ancora commenti, ma tu potresti essere il primo a scriverne uno.