In una società dove le nuove generazioni appaiono sperdute e senza una direzione tanto quanto i loro genitori, è possibile un rapporto emblematico come quello di Ulisse e Telemaco, dove il figlio è l’esempio del giusto erede?
Massimo Recalcati, presentando il suo ultimo libro “Il complesso di Telemaco”, ci ha offerto una diversa visione della paternità prendendo come esempio il celebre mito, e facendo riferimento al libro di C.McCarthy “La strada” e all’autobiografia di B.Ellis, per introdurre una figura non tradizionale di figlio e di rapporto.
Nell’Odissea Telemaco attende l’arrivo del padre, che si è sacrificato per salvarlo partendo per Troia, non limitandosi ad aspettarlo in modo passivo, ma impegnandosi e partendo alla sua ricerca.
Dunque è questo il giusto erede: colui che si mette in movimento e rischia diventando un eretico.
Questa è una figura che deve essere recuperata nella società contemporanea, dove l’eredità è intesa solamente come ricezione passiva di beni materiali o di patrimonio genetico.
Ulisse è un padre che deve affrontare due grandi rinunce, quando parte per salvare il figlio e quando, per amore di Penelope, rifiuta l’immortalità che gli era stata offerta da Calipso, sacrificandosi dunque non solo per il rapporto con il figlio, ma anche con la moglie.
E che ruolo gioca la madre in tutto questo? Penelope è una donna forte, nella quale la maternità non ha esaurito tutto il suo essere. Oggi questo equilibrio è difficile: spesso la maternità in una donna prevale su tutto il suo essere, o il contrario.
In conclusione, ci dice Recalcati, ripristinare nella società odierna un’idea di famiglia che comprende la figura del figlio come giusto erede, e le figure di padre e madre che sono state presentate, che si sacrificano per esso senza rinunciare a loro stessi e al loro rapporto, potrebbe essere il modello di famiglia ideale.
Chiara Cozzarini
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