“Mengele non è soltanto un criminale, ma è il mistero europeo”. Josef Mengele proveniva da una famiglia di alta borghesia, amava la musica, la letteratura e aveva conseguito una laurea in medicina. Questa è il ritratto della stessa persona che durante il periodo della Shoah ha compiuto gli esperimenti atroci che tutti noi conosciamo.
Tuttavia Olivier Guez ha speso solo poche parole sulla storia di questo personaggio in quegli anni, dal momento che con il suo libro La scomparsa di Josef Mengele, candidato al Premio Strega 2018, ha deciso di concentrarsi sul periodo successivo, quello della fuga in Sud America. Durante questi anni Mengele inizialmente si dedicò alla “bella vita”, come viene raccontato nella prima parte del libro, Pascià, per poi cadere nella paranoia di essere incarcerato dall’esercito israeliano come il compagno Adolf Eichmann nella seconda parte, Ratto. La narrazione continua però anche dopo la sua morte nell’epilogo del libro, Fantasma, quando, dopo molti anni si comincia a parlare dell’olocausto e le persone iniziano a cercarlo, inconsapevoli della sua morte.
L’unico protagonista del romanzo non è però Mengele, ma lo è anche il clima socio-politico sudamericano degli anni ’50. Infatti Guez ha cercato di creare un ponte fra la storia di quel periodo e la nostra epoca, eliminando allo stesso tempo i cliché presenti nell’immaginario comune su quei luoghi e quelle vicende.
Alle tante domande poste dal pubblico sul tema della Memoria, l’autore risponde: “Non so se fosse il mio obiettivo fin dall’inizio quello di costruire la Memoria; quello che è certo è che i testimoni diretti di quelle vicende sono ormai pochi e adesso è compito della letteratura continuare il loro ruolo“.
Mattia Scarcina e Eleonora Liberti
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