Il nostro incontro con Federica Angeli, che ci presenta “A mano disarmata. Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta“, prende vita nei Magazzini Oz, nel cuore di Torino, dove ci accoglie un’atmosfera distesa e informale. I Magazzini Oz sono un bistrot e ristorante impegnato nel sociale, e rappresentano la concretizzazione di un progetto della associazione Casa Oz.

 

 

A mano disarmata si apre con una dedica importante: A Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Peppino Impastato, Mario Francese, Giancarlo Siani e Giuseppe Fava perchè la vostra lotta ha reso forte la mia e la potenza delle vostre idee ha guidato la mia penna anche quando pensavo che non ce l’avrei mai fatta, ma sopratutto perchè ho capito che la paura e il coraggio sono due facce della stessa medaglia: sta a noi decidere da quale parte volerla afferrare.

Federica Angeli ha saputo prende la medaglia dalla parte giusta e oggi ci insegna che, nonostante la linea tra coraggio e paura sia sottile, è sempre importante porsi in prima linea in qualità di esseri umani. Lo dimostra il suo impegno lavorativo e umano come giornalista nel contrastare apertamente la mafia romana, mentre questa tenta invano di fermare la sua penna. Nel 2013 a Ostia, dove vive, si sentono degli spari nella notte e subito dopo l’ordine di chiudere le finestre. Tutti obbediscono, tranne Federica Angeli che si ritrova ad essere l’unica testimone oculare dell’accaduto. Da allora vive sotto scorta.

Quando le viene chiesto che cosa l’abbia sprinta a non chiudere la finestra come gli altri, l’autrice di “A mano disarmata” ci risponde che il suo percorso lavorativo ha influito sulla sua reazione: ha infatti cominciato il suo percorso da giornalista di cronaca nera del giornale di Ostia e si è in seguito occupata di un’inchiesta sulla mafia romana. Parlando con la gente a Ostia, sembra che la mafia non esista. Certi dicono di non conoscere i capi dei grandi clan mafiosi locali, altri invece affermano che “in fondo sono brave persone”, ma tutti concordano su una cosa: i problemi a Ostia sono ben altri, tra questi le buche per strada. Federica Angeli denuncia per anni l’omertà di chi non ammette l’esistenza di gruppi criminali sul territorio (non è un caso infatti che la mafia romana non abbia un nome, come Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta o la Camorra) ed è anche questo che la spingere a non voltarsi dall’altra parte, quella notte. Altimenti, dice, dov’è la coerenza?

Nascere e crescere in un ambiente come quello di Ostia vuol dire rischiare di normalizzare questa realtà ed è proprio quando ci rassegniamo a delle regole malsane e corrotte che abbiamo perso. L’autrice ritiene, e in questo è molto chiara, che insieme ci si possa risollevare e che un gesto come il suo sia alla portata di tutti; non servono eroi.

Federica Angeli è oltre che giornalista, moglie e madre: la sua determinazione e il coraggio che mostra nel fronteggiare una questione così spinosa ha catturato l’attenzione dei media, che lei cerca di controllare. Infatti, vuole evitare di essere dipinta come un simbolo o un’eroina dei nostri tempi e non si augura che chi conosce la sua storia non si limiti a ‘fare il tifo’ da casa, delegando a lei e a persone come lei questa battaglia: ognuno deve avere una parte attiva nella lotta alla mafia perchè il lavoro che sta facendo dia frutto.

Della vita che conduceva prima che le fosse assegnata la scorta le manca sopratutto il contatto diretto con le persone, tipico del suo mestiere.  I social network sotto questo aspetto possono offrire un grande aiuto: per Federica Angeli, che non può neanche più affacciarsi al balcone di casa sua, rappresentano una finestra sul mondo, oltre che un luogo in cui portare avanti il suo impegno quando non le è permesso di lavorare sul campo. I rapporti che instaura con le tante persone che la seguono sui social sono intensi e la aiutano a contrastare la solitudine che inevitabilmente la colpisce dalla notte del 2013 in cui, rifiutandosi di chiudere le finestre, la sua vita è cambiata.

Ma nonostante i molti sacrifici, Federica Angeli ribadisce che ripeterebbe il suo gesto mille volte, perchè non saprebbe come comportarsi altrimenti: derogare i propri principi e cedere alle minacce vorrebbe dire cancellare tutti i passi fatti fin ora. E ci racconta che, se questa lotta ha un prezzo – come vivere sotto scorta e salvaguardare i figli piccoli spiegando loro che “la mamma ha scritto un articolo così bello che le hanno dato degli autisti” – le soddisfazioni sono grandissime: si commuove nel ricordare il rumore degli elicotteri la mattina presto, nel giorno in cui hanno arrestato 32 membri del clan mafioso locale dopo cinque anni di duro lavoro, l’abbraccio con la famiglia e l’orgoglio di un figlio che le dice “mamma, l’ho sempre saputo che vincevi tu!“.

 

Nel parlare degli aspetti più tecnici della stesura di “A mano disarmata. Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta“, l’autrice ringrazia l’editore per aver accettato di pubblicare il suo libro senza censure e racconta di quanto scrivere sia stato utile per rielaborare quello che ha vissuto. Nella vita di tutti i giorni tendiamo a mostrarci sempre forti; la scrittura trova uno spazio alle emozioni che fatichiamo a esprimere. Lo stile di Federica Angeli è quello del giornalismo di cronaca, ma la sua è, tra le altre cose, anche una cronaca delle debolezze in cui chi legge può immedesimarsi. Questo libro non può che emozionare chi lo legge, i sentimenti di chi lo scrive si percepiscono più vivi che mai. Non mancano inoltre ironia e leggerezza, aneddoti che fanno sorridere in un contesto in cui sembra difficile farlo. Il messaggio è che alla fine, siamo tutti esseri umani; non esistono supereroi ed è giusto così: la lotta alla mafia è fatta di grandi uomini e grandi imprese, ma è sopratutto una lotta di quotidianità, di persone che svolgono il loro lavoro e di gesti che ognuno di noi può compiere, perchè insieme ce la facciamo.

E nonostante tutto, infatti, Federica Angeli ha scelto di rimanere a vivere a Ostia, perchè sa che qualcosa sta cambiando e può cambiare, passo dopo passo, denuncia dopo denuncia. C’è un lento risveglio in corso, ci dice, e una battaglia è stata vinta, ma da vincere rimane la guerra.

Con me stessa ho vinto anche la guerra: – conclude l’autrice – 32 arresti per mafia, quando nel 2013 se a Ostia si parlava di mafia la gente rideva… Malgrado tutto, ce l’ho fatta.

 

E l’ultima frase del libro recita: Chi sta dalla parte giusta non perde mai. Chi ha scelto di sfidare a viso aperto la mafia la testa non la chinerà mai. Perché sulla bilancia alla sera ci si sale da soli, con la propria coscienza, ed è a lei che si risponde.

Bianca Ceragioli