Ringraziamo Fulvio Ervas, adottato dal Liceo scientifico Baldesano di Roccati di Carmagnola (TO), che ci  racconta la sua esperienza in classe: ancora più emozionante per il nostro scrittore che è anche un insegnante. Ogni adozione è particolare ma questa deve essere stata davvero speciale: gli studenti adottati hanno anche avuto la possibilità di visitare la casa editrice che pubblica i libri dello scrittore Marcos y Marcos.  C’è ancora un incontro previsto in aula previsto l’8 maggio tra il Liceo e lo scrittore: vi aggiorneremo se avremo altre notizie! Poi la festa finale in programma al Salone lunedì 18 maggio 2015 (qui i dettagli del programma). Per ora buona lettura!

Immagino un povero orfano in attesa d’essere visionato dai futuri genitori adottivi. L’ansia per essere all’altezza, lo scrutare ogni minimo gesto che riveli il gradimento e, di conseguenza, attendere fremente l’annuncio di aver trovato una nuova famiglia.

Così, quando degli studenti adottano uno scrittore, che fa di mestiere il prof, una doppia apprensione ti viene. Si pentiranno dell’adozione? Ma che voto mi attribuiranno, dopo avermi ascoltato?

La mia classe adottiva, è un folta schiera di studenti di un Liceo, e non ha lo sguardo indagatore di un possibile genitore. E’ una miscela  di curiosità, attenzione intermittente, entrate ed uscite dai propri pensieri, richiami a libri letti, associazioni, tempo che scorre dentro ad una lezione inconsueta.

Quando si mettono gli studenti nella condizione di sospendere la routine delle lezioni, di parlare di libri e di scrittura, come in questo caso, devi mettere in conto che nuoterai controcorrente:  rompere l’inerzia della didattica suscita aspettative e delusioni, allo stesso tempo. Li trascinerai in un territorio poco conosciuto e  potresti perderli, lasciandoli nella loro radura di pensieri, e non ti ascolteranno più.

Ti devi impegnare, quindi.

Cercare agganci, immaginare la loro esperienza, come lettori e come studenti, per farti seguire, il più possibile naturalmente.

Così racconti di te, della tua “infanzia” come lettore, dei tuoi libri più amati, delle fasi che ha attraversato il tuo modo di leggere, cosa hai abbandonato e cosa hai scoperto. Perché leggere non è solo un viaggio, continuo, è una definizione continua del proprio stato d’animo, del bisogno di certe parole e di certe storie. Siamo mutevolmente incantati dalle une e dalle altre.

E’ incantata la mia classe adottiva, mi pare lo sia stata quando, nel secondo incontro, abbiamo visitato la casa editrice (la Marcos y Marcos). Non solo abbiamo provato a ricomporre la genesi di “Se ti abbraccio non aver paura”, cioè come fosse nata la storia, come era stata costruita, le implicazioni nel narrare non solo una storia vera, ma vivente; i miei studenti adottivi e i loro prof (colleghi!) hanno vissuto il luogo fisico dove nascono i libri.

Il luogo in cui si fa l’editing, dove si pensano le copertine, dove si sceglie la carta da stampare, dove si ragiona sul modo di promuovere e far conoscere uno specifico romanzo, dove si imposta la distribuzione di quella merce speciale che è un libro.

Ecco, mi è sembrato che fosse un modo più intimo per parlare del complesso atto del leggere, che si potesse vedere tutto l’ecosistema nel quale un libro germina, cresce, fiorisce.

E c’è, davvero, bisogno che nella mente dei ragazzi germini,  e diventi un baobab, la pianta della lettura.

Ma gli adulti devono dare un imprinting positivo. Forse è lì, la vera difficoltà…

Fulvio Ervas