Non c’è niente di casuale: strategie di distribuzione, packaging curato, sottocosto, la tecnica dello 0,99, è tutto calcolato. I “prodotti civetta” attirano il cliente in un nuovo El Dorado, fatto di una grande quantità di prodotti a prezzi stracciati. Il consumatore, alla ricerca dei generi di prima necessità posizionati nelle cosiddette “zone d’ombra”, è spinto ad acquistare, acquistare, acquistare. Ma chi c’è dietro agli scaffali? Con una conoscenza della popolazione pressoché illimitata, un esercito di psicologi, sondaggisti, ingegneri, pubblicitari dirige il marketing emozionale: l’induzione incontrollata nei clienti di nuovi bisogni per riuscire a vendere tutto a tutti. Questo è svelato nel nuovo libro di Fabio Ciconte e Stefano Liberti, Il grande carrello. Chi decide cosa mangiamo, presentato venerdì 10 maggio al Salone Internazionale del Libro. La vendita sfrenata: ecco cosa porta alla svalorizzazione del cibo e ad effetti fatali sugli anelli più deboli della filiera, i lavoratori agricoli. Lo sfruttamento è il risultato dei sottocosti e delle aste a doppio ribasso che danno alla Grande Distribuzione Organizzata (GDO) la possibilità di acquistare a basso prezzo le materie prime a scapito di agricoltori e allevatori. Pilotando i gusti del consumatore, la GDO riduce inevitabilmente la richiesta di varietà, assottigliando la quota di biodiversità dentro quel grande imbuto che è il supermercato. A questo si aggiunge l’utilizzo spasmodico di plastica inutile, imballi per frutta e verdura preconfezionate, “lavate, asciugate e stirate” per un consumatore alla ricerca esasperata di tempo libero. Il risultato? Danni incommensurabili all’ambiente – troppo spesso trascurato – e alla salute pubblica. La sanità è al primo posto nella scala valoriale degli italiani che proprio per questo non hanno esitato a rinunciare all’olio di palma. E se ci fosse una “questione sanitaria” anche nel disastro ambientale causato dall’eccessivo consumismo?
Martina Piscitelli, Maria Guandalini – Liceo Ariosto
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