Mercoledì, 29 aprile il pubblico della Scuola Holden incontra lo scrittore scozzese Irvine Welsh per l’ultimo incontro del Salone Off 365 di quest’anno. L’incontro è presentato dal gruppo di lettura giovanile che collabora col Salone e con lo scrittore Giuseppe Culicchia. Welsh è in Italia per presentare il suo nuovo romanzo, Godetevi la corsa, che si riallaccia al filone dell’epica del sottoproletariato scozzese, nato con Trainspotting nel 1993.

Durante l’incontro, rispondendo alle domande dei ragazzi, l’autore fornisce un panorama del suo approccio alla narrativa e della sua idea di scrittura, ripercorrendo la sua carriera dalle origini ad oggi. Non si considera un intellettuale. Più che alla scuola, da ragazzo, si interessava a trascrivere i racconti delle persone che lo circondavano, della sua famiglia e dei suoi amici. Come è evidente nei suoi romanzi, la sua attenzione ha continuato, nel corso della sua produzione letteraria, a concentrarsi sulla rappresentazione di soggetti estremamente realistici.

Spesso i suoi personaggi stanno attraversando una fase oscura, una crisi causata dalla tossicodipendenza o dall’infermità mentale, e l’unica soluzione che hanno a disposizione per uscirne è fare una scelta di cambiamento. Welsh sfida la sensibilità dei lettori, cercando di far sì che comprendano quanti sforzi questi personaggi stiano mettendo in atto per migliorare, nonostante siano talvolta costretti ad azioni riprovevoli.

Ripercorrendo la sua carriera di scrittore, racconta dei libri che hanno acceso la sua passione per la narrativa. Tuttavia, all’epoca non si riconosceva nelle classi sociali protagoniste delle sue letture e da allora  il suo scopo è stato quello di parlare delle persone che gli erano intorno e di rappresentarle in tutte le loro sfaccettature, nel modo di essere che la sua realtà gli richiamava. Questo tentativo di resa realistica è evidente soprattutto a livello linguistico. Il suo interesse per la lingua l’ha portato a crearne una che riproducesse in narrativa quella della strada della sua Edimburgo. Dopo un primo romanzo scritto in inglese standard, a lui poco familiare, si è dedicato all’indagine delle radici delle parole inglesi contemporanee, con lo scopo di utilizzare termini con basi antiche ma assolutamente contemporanei. Inoltre, la sua esperienza di deejay gli ha permesso di comprendere quanto fosse importante il ritmo nel modo di parlare e ha applicato al linguaggio quello stesso beat, anche graficamente, nella disposizione delle parole nel testo.

Le domande dei ragazzi spaziano poi dalla letteratura a campi più vasti, come la politica e la religione.

Irvine Welsh non si considera una persona molto religiosa. Diffida dell’enorme potere di influenzare profondamente le coscienze che possiedono coloro che hanno a che fare con la religione. È contrario alle forme di sapere organizzato: l’essere umano, secondo lui, è religioso di per sé e la ricerca della verità attraversa tutta la sua vita in un percorso spirituale individuale che non necessiterebbe delle risposte che la religione fornisce o impone.

Sull’indipendentismo scozzese, afferma che sarebbe una dichiarazione di onestà concedere alla Scozia l’indipendenza: il Regno Unito non è più così unito e sicuramente si troverà obbligato a cambiare, perché i legami tra gli stati membri si stanno allentando sempre di più.

Al contrario, Welsh ha grande fiducia nell’Edimburgo odierna. Con una battuta, descrive la sua gioventù molto divertente, forse troppo lunga, tanto da essersi confusa con la sua andropausa. Ha lasciato Edimburgo per Londra a diciassette anni e ha fatto parte di una generazione che aveva molte opportunità, ma che si è rovinata con le droghe. I giovani d’oggi, invece, si trovano in condizioni più precarie ma stanno reinventando la nazione. È in corso un rinascimento artistico e politico di notevole importanza ed è solo merito loro.

Quando scrive, gli piace spaventarsi rileggendo dopo una pausa il flusso di coscienza trascritto sulla carta, ma l’autocoscienza è proprio ciò che uccide la narrativa. Paradossalmente, uno scrittore deve essere egocentrico e porsi nella prospettiva di essere oggetto di attenzioni, ma allo stesso tempo deve anche superare se stesso, rendendosi conto di non poter filtrare tutto ciò che arriverà al pubblico.

 

Il suo romanzo più noto, Trainspotting è accomunato a libri come Fight Club di Chuck Palahniuk, che hanno scioccato le coscienze e proposto contenuti innovativi per la letteratura.

Ma più che aver scioccato le coscienze, sono proprio romanzi come questi ad averle risvegliate e ad aver aperto gli occhi ai lettori su argomenti a cui non erano abituati.

E il pubblico presente in sala sembra esprimere la sua riconoscenza in merito con un lungo applauso.

Elena Rickler e Alice Dominese del Liceo Cavour