Mentre il sole scompare definitivamente per lasciare posto a una spettacolare Piazza San Carlo illuminata, l’aria che si respira ci riporta indietro di vari decenni, quando in un mondo vibrante di nuove strade da percorrere il cinema muto in bianco e nero faceva timidamente capolino portando con sè tante promesse. E senza dubbio non possiamo parlare della nascita di qualcosa di così straordinario tralasciando quello che è stato il suo più grande interprete: Charlie Chaplin, indimenticabile nel suo esilarante Charlot.
Oggi però ci teniamo a ripercorrere l’incredibile storia dell’uomo prima del personaggio, della faticosa scalata prima del successo. Lo facciamo con Fabio Stassi, che è qui per presentare il suo libro “L’ultimo ballo di Charlot“, edito da Sellerio. L’autore, siciliano trapiantato a Roma e poi a Viterbo, ci spiega che alcuni dei temi della biografia di Chaplin gli sono molto a cuore, uno su tutti quello della migrazione: anche lui, proprio come l’attore inglese trasferitosi in America, è un “desterrato”, qualcuno che ha deciso di andarsi a conquistare il proprio destino da un’altra parte pur soffrendo il distacco dalla propria terra.
A condurre l’incontro, insieme a Stassi, abbiamo ritrovato i ragazzi del gruppo di Andrea Bajani e in particolare uno dei neologismi che avevano creato per il Salone 2013: Perdistanza, la perdita delle proprie origini attraverso il distacco prolungato, ve la ricordate?
Ogni fatto narrato nel romanzo è veramente accaduto, ed è proprio questo a rendere la storia straordinaria: l’infanzia difficile nei bassi fondi della Gran Bretagna, il viaggio verso l’America, il passaggio da un mestiere più assurdo dell’altro – tipografo, pugile, imbalsamatore – la creazione, quasi casuale, del personaggio immortale di Charlot e il suo incredibile successo nel tempo, fino a quando, ormai anziano, l’attore escogita ogni Natale qualcosa di buffo per rimandare il suo appuntamento con la Morte.
Stassi definisce “mancina” la comicità di Chaplin, quella dell’indifeso che si prende gioco del potente, l’immagine di un riscatto sociale in cui si sono identidicati tutti i deboli di quegli anni.
Chaplin ha fatto qualcosa di davvero straordinario: indossando una maschera, ha trovato se stesso, e così facendo ha dato speranza a un’epoca intera.
Giulia Cibrario
Fuorilegge
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